E’ nelle mani di Marco Pandolfi la serata che inaugura un’altra stagione di blues al Bloom di Mezzago. E in una sera dedicata all’armonica, lo storico locale omaggia anche Rice Miller, meglio noto come Sonny Boy Williamson II, a cinquant’anni dalla sua dipartita. Un tributo che cresce in sordina, con gli ospiti d’intorno alla band di Pandolfi, che in effetti è protagonista di tutto l’evento, declinato in jam  però solo nella seconda parte. La prima ha visto piuttosto l’apertura del front – man con la presentazione del nuovo disco No Dog In This Hunt, per una dozzina di canzoni, assieme alla sezione ritmica di Federico Patarnello alla batteria e Lucio Villani al contrabbasso, poi dietro le linee ad accompagnare tutta la cosiddetta “Notte delle Armoniche”.  E se chi si aspettava una festa “tout court” per il soffiatore d’ance di Helena ha dovuto ricredersi, non ha affatto deluso ciò che in effetti si è rivelato un climax ascendente, con l’attesa degli evergreen dello storico bluesman anticipati dai nuovi pezzi dell’ensemble sul palco, prima del passaggio di scene a fronte di un pubblico sempre numeroso.

Foto di Gabriele Penati

Foto di Gabriele Penati

Pandolfi sfodera un dualismo compositivo tra chitarra e armonica amalgamate da una voce roca quel tanto che basta, per un approccio elettro – acustico che conferisce ai brani un sapore datato, grezzo, a ricordarci invero che se non tutto il jazz è blues, tutto il blues è jazz (un assunto di cui anche il buon vecchio Tom Waits deve averne probabilmente fatto tesoro). Non è così nello standard che si rifugiano i suoni dell’opening – act, ma in un’articolazione cantautorale che offre quell’approccio originale rispetto ad un classicismo diffuso, che ci si sarebbe potuti aspettare da omaggi di tal fatta. A condensare queste istanze, anche una bellissima border – song dai sapori latini, strizzando l’occhio a Willie Deville ed echi tex – mex, cenni balcanici in malinconiche atmosfere di confine, intitolata Rosario. Unico neo in questa parte dell’esibizione, forse un set un po’ troppo lungo, sbilanciato talora a favore di scelte sonore limitate a pochi cambi di strumento nelle mani del band – leader. Ecco perché l’ingresso del chitarrista Mauro Ferrarese quale primo ospite spezza il momento, rispondendo all’attesa dei tributati onori della serata: Forty Days & Forty Nights ci appresta così alle ospitate successive, Keep It Yourself  fa il resto, con Davide Speranza che  aggiunge virtuosismi alla diatonica accompagnato da Gianni Di Ruvo alla chitarra.

Foto di Gabriele Penati

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E’ in questa fase che l’atmosfera si scalda, forse come ci si aspettava che fosse già da prima, ma la voce corposa di Speranza incrementa ancora il tutto con la memorabile eredità “zeppeliniana” di Bring It On Home e i tempi della notte in blues si dilatano col testimone che passa nelle mani (con armonica e voce) prima di Enrico Penati, a seguire di Lorenzo Albai per la celebre Don’t Start Me To Talkin’. Toccherà poi a Help Me, in un prosieguo totalizzante on stage prima che, di nuovo a conduzione Pandolfi, lo spettacolo volga al termine e chiuda discretamente quella che in realtà è solo la prima di delle iniziative del nuovo anno in blues a regia dell’Italian Blues River e del live club mezzaghese.

Matteo Fratti

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