Nelle tante proposte musicali dell’estate milanese di Expo, non si può certo dire che abbondino le proposte di blues o soul. Ha fatto eccezione, per fortuna, il doppio concerto tenuto il 9 luglio scorso dalla Robert Cray Band sul palco milanese del Blue Note. Noi abbiamo assistito al primo set della serata, in un locale piuttosto gremito malgrado i prezzi non esattamente popolari.

Cray è parso di buon umore e divertito, evidente la complicità con Richard Cousins amico d’infanzia, bassista e co-fondatore ormai quarant’anni addietro, della band. Comincia da “I Shiver”, un tempo medio che dà il tono alla serata, prosegue rallentando con una delle sue tipiche ballate “Sadder Days”, veicolo perfetto per la sua voce, calda e naturale, espressiva senza bisogno di forzarla. Il blues ha il suo spazio con “Sitting On Top Of The World”, apprezzabile qui il contributo all’organo di Dover Weinberg che ha sostituito da un paio di anni il veterano Jim Pugh. Non c’è una vera e propria set list, Cray attacca un pezzo e la band lo segue, scorrono così “Two Steps From The End” e la celebre “Right Next Door”, ripescata da uno dei suoi dischi di maggior successo, “Strong Persuader”, con bel finale suonato davvero in punta di dita. Cray negli anni è rimasto fedele a sé stesso, senza seguire le mode, forte di uno stile alla chitarra del tutto personale e immediatamente riconoscibile e di qualità vocali non comuni. Vario quanto basta il repertorio, alterna tempi e atmosfere, passando dalla fluida “Won’t Be Coming Home”, ad un riuscito passaggio “low down and funky” come dice lui stesso introducendo “Don’t You Even Care”. Simpatica la strumentale “Hip Tight Onions”, un omaggio allo stile di Booker T &  MG’s,  con Cray e Cousins che improvvisano persino qualche passo di danza. E’ attinta come pure la seguente “Nobody’s Fault By Mine”(Redding) cantata in duetto col batterista Les Falconer, dal suo disco dello scorso anno, “In My Soul”.  Coi due bis si arriva a circa un’ora e un quarto di concerto piacevole, senza cadute di tono, ecco dunque una di seguito all’altra “Your Good Thing Is About To End” ed una più leggera e ironica “Chicken In The Kitchen”.

Matteo Bossi

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