Credo fermamente che 33 anni, senza scomodare paragoni religiosi, è sempre troppo poco per lasciare questa terra, soprattutto quando si hanno delle doti tali da lasciare tutti sbalorditi, come faceva Mike Ledbetter quando saliva sul palco e cantava. Perché Mike era uno di quei cantanti che sa tirare fuori qualcosa di così personale, non voglio scomodarmi a chiamarla anima, che ti rimane attaccato alla pelle fino alla prossima volta in cui la risentirai e, come per magia, la riconoscerai subito. Lo incontrammo per la prima volta a Memphis nel 2014, a Beale Street assieme a Nick Moss, un altro gigante del blues, in tutti i sensi, mentre si esibivano al King’s Palace Cafè, forse il punto più alto delle esibizioni di quell’International Blues Challenge, seppure fuori concorso. Lo trovammo nuovamente a Chicago nel 2016, mentre si stavano realizzando le prove per il concerto di domenica 12 giugno al Petrillo Music Shell dedicato ad Otis Rush e alla sua carriera. Mostri sacri del blues camminavano e parlavano accanto a noi, spettatori fortunati e ammutoliti, e i giovani due Mike, Welch e Ledbetter, sembravano aver trovato un feeling particolare. Ed infine al Lucerna Blues Festival, quel duo nato quasi per caso, forse proprio nella sala prove della Delmark, Mike Welch e Mike Ledbetter, seppe infuocare il casinò e lasciare tutti ancora una volta senza parole, quasi che, in un periodo in cui i nostri idoli ci stanno lasciando uno ad uno, il futuro del blues sembrasse meno grigio. E come dimenticare il suo duetto con Kaz Hawkins, organizzato quasi per caso all’ultimo momento, un incontro di artisti irripetibile, due sensibilità uniche che hanno iniziato subito a vibrare all’unisono. E invece la notizia della sua scomparsa ci ricorda che non è solo l’età a portarci via degli amici, dei musicisti e prima ancora degli esseri umani, ma a volte la campana suona in anticipo, o almeno a noi sembra così. E dopo l’ultimo rintocco rimane solo il silenzio ed un terribile senso di vuoto. Un silenzio che la voce di Mike Ledbetter non riempirà più di calore e musica.

 

Foto di Philippe Pretet

 

Davide Grandi

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