
Terra Blues, New York, 2006 foto Renato Tonelli
Non è facile il destino dei bambini prodigio, nello sport come nelle arti, perché spesso la loro traiettoria di crescita subisce una pressione costante per confermare le aspettative degli exploit giovanili. E Lucky Peterson precoce lo è stato senza dubbio, visto che le sue prime incisioni risalgono, si può ben dire, all’infanzia. Anche perché è cresciuto in una famiglia in cui la musica era l’opzione principale, il padre, James Peterson era un musicista e gestore di un locale, il Governor’s Inn, frequentato da tanti musicisti, con i quali il figlio ebbe spesso modo di suonare. L’apprendistato di Lucky si completa prima con un periodo, ancora da adolescente, nel gruppo di Little Milton, album di riferimento “Live At Westville Prison” (Delmark) ma anche i tour in Europa che portano a “The Blues is Alright” su Isabel. Poi per qualche anno passa al servizio di Bobby Bland, un altro artista di prima grandezza. Comincia a registrare attivamente sul finire degli anni Ottanta grazie all’associazione con l’etichetta della Florida King Snake le cui produzioni sono poi prese in carico dall’Alligator (Kenny Neal, Lazy Lester, Rufus Thomas). Peterson diviene insomma un sessionman molto richiesto e suona in decine di dischi, ad esempio di Big Daddy Kinsey, Carey Bell, Lonnie Shields, Jimmy Johsnon. Ci piace ricordarne le qualità di accompagnatore e organista in uno splendido disco di Mavis Staples realizzato nel 1996 in tributo a Mahalia Jackson, “Spirituals & Gospels” (Verve). Valido cantante, Lucky è ormai anche un chitarrista provetto, esuberante, non disdegna sconfinamenti in territori rock o funk, come testimoniano i suoi tanti concerti, anche nel nostro paese.