Leggete bene le note di questo album perche’ trovare notizie sui Seven Brothers e’ piuttosto complicato, mentre di queste registrazioni si sa, per modo di dire, quasi tutto. Uscite intorno alla fine degl’anni sessanta per l’etichetta di Nashville House Of The Fox vengono riesumate, o meglio ristampate, dopo piu’ di mezzo secolo, da parte della Charly. Il suono e’ quello dell’epoca, semplice e grezzo, che aggiunge forza alla drammaticita’ del Gospel. La canzone che dà il titolo all’album, “Crying in the Streets”, e’ un tributo a Martin Luther King che ebbe un buon successo a quell’epoca cantata da George Perkins. In tempi piu’ recenti, e’ stata inclusa nell’album per la raccolta di fondi per le vittime dell’uragano Katrina, in una bollente versione di Buckwheat Zydeco, accompagnato da Ry Cooder. Una canzone dunque per qualsiasi tipo di disgrazia.
Continuando con gli omaggi a Martin Luther King, arriva una potente “I Have A Dream”, un vero grido di disperazione. Semplicemente fantastica “I never knew joy”, il Gospel perfetto. Di “You Can’t Hurry God” registrata nel 1953 da Dorothy Love Coates, che probabilmente ne fu anche l’autrice, ricorderete anche una bella versione del Rev. John Wilkins nel suo disco con il medesimo titolo. Apparte l’iniziale “America” tutti i pezzi seguono lo schema “call and response” che alla fine puo’ risultare indigesto all’orecchie meno addestrate. Ma questo è il Gospel, il bisogno di riaffermare la fede in Dio, la bellezza della morte nella fede medesima, l’esistenza della salvezza. La musica, le note, le voci sono utilizzate a questo fine e tutti siamo, tutto è strumento di Dio in questa visione. Nella sua originalita’, un disco essenziale per gli amanti del genere.
Luca Lupoli










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