candice ivory

Conosciuta con il bel nome di Queen of Avant Soul, Candice Ivory ha registrato tre album, “Path Undefined” (2003), “Questography (2005) e “Love Music”(2015), un’altra session costituita interamente da materiale originale. Oggi inaugura una nuova collaborazione  con la Little Village Foundation, label “made in USA” in folgorante e notevole ascesa nell’ambito delle case discografiche, pubblicando “When The Levee Breaks -The Music Of Memphis Minnie”. Un’occasione ideale per lei di dimostrare la sua impressionante capacità di padroneggiare stili differenti, soul, jazz, gospel e rhythm and blues. Oltre alla composizione e al canto, suona un largo spettro di strumenti, dal piano all’organo passando per le percussioni. Nativa di Millington, come la compianta Koko Taylor, nei sobborghi di Memphis, Tennessee, Candice Ivory oggi vive a St. Louis ma proviene da una illustre famiglia di Memphis che ha segnato le sonorità sacre o profane della città. Suo prozio era il cantante/ chitarrista Will Roy Sanders, il cui mitico gruppo, The Fieldstones, è stata una delle principali blues band di Memphis degli anni Settanta/Novanta. Quest’ultimo l’ha incoraggiata a cantare a Beale Street con il suo repertorio jazz, blues e gospel. Con l’intento di espandere il proprio universo musicale, Ivory è riuscita a far allineare i pianeti per registrare quest’album, che coincide con il cinquantennale della morte, all’età di settantasei anni, di Lizzie Douglas alias Memphis Minnie (1897-1973).

Una visita alla sua tomba a Walls, nel Maryland e l’incontro con il chitarrista/bassista Charlie Hunter si sono rivelati decisivi nella scelta di mettere in risalto Memphis Minnie, un’artista, paradossalmente, troppo spesso sottostimata nel gotha del blues. Il brano “Me And My Chauffeur Blues” è un roadhouse boogie che rende omaggio ai piaceri della strada. Quella che conduce a Wells, il luogo che è divenuto meta di pellegrinaggio per tutti gli appassionati di blues. In quest’album, Candice Ivory presenta dodici canzoni tratti dal vasto repertorio, circa duecento registrazioni, di Memphis Minnie, artista molto popolare tra gli anni Trenta/Quaranta, una delle prime donne a suonare la chitarra elettrica a Chicago all’inizio degli anni Quaranta. La scelta è stata di riprendere alcuni dei pezzi più noti, ma anche altri più oscuri, soprattutto quelli di Little Son Joe, uno dei suoi mariti, non molto conosciuto a sua volta. La canzone titolo, ripresa anche dai Led Zeppelin, animata dalle percussioni, basta a racchiudere in sé tutta l’educazione musicale e le vribrazioni di Candice.

Ci si trova ad immaginare, tramite la sua magica voce, il simbolismo teatrale dei personaggi tipici delle danze afrocubane. Queste raccontano la storia degli “Orixas”, che rappresentano divinità originarie dell’Africa, più precisamente delle tradizioni religiose yoruba, etnia che è stata tradotta, tra gli altri luoghi, a Cuba durante il periodo della schiavitù. All’ascolto, un’atmosfera invitante trasuda da questo brano e le emozioni che filtrano dall’interpretazione di Ivory e Hunter sono profonde e intime. Stessa cosa per la magistrale “Bumble Bee” che i due hanno rivestito di un dolce groove reggae, ispirato da Taj Mahal. Brividi assicurati. Ivory e Hunter integrano magnificamente gli accenti sacri presenti in “Crazy Crying Blues” e “Hoodoo Lady”, che si giova del tocco raffinato di DeShawn Hickman alla pedal steel. Con le percussioni di Brevan Hampden, Atiba Rorie e George Sluppick su quasi tutti i brani, Ivory mette a segno un disco della serie “colpo di fulmine 2023”. Nessun fraintendimento, nessun banale copia/incolla degli originali in questo numero di alta scuola, l’intelligenza artistica e visionaria di Candice Ivory, con Hunter, è di imprimere la propria impronta nell’interpretazione e nell’arrangiamento. La si può persino, in filigrana, sospettare di voler, inconsciamente, trovare un pubblico largo e un riconoscimento postumo per Memphis Minnie nel XXI secolo. Come quella, del resto, di trasmettere alla nuova generazione, la sua immensa eredità musicale e i valori della cultura e delle musiche afroamericane. Che vi precipitiate dal vostro negozio di dischi preferito o vi orientiate ai siti di streaming, l’emozione di questa musica è qui alla portata. Fatevi sotto! Un album essenziale.

Philippe Prétet


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