dr. john

Ogni nuova occasione di riascoltare Dr John è benvenuta e dopo il disco postumo dello scorso anno, “Things Happen That Way”, ecco spuntare questo “The Montreux Years”, ulteriore capitolo di questa nuova serie che conta già pubblicazioni intestate a Nina Simone, Etta James e Muddy Waters (Il Blues n. 156), ma anche molte in ambito jazz (Petrucciani, Corea, Modern Jazz Quartet…). BMG e Montreux Sounds hanno selezionato per questa serie, brani estratti dai diversi passaggi degli artisti al festival, in modo da offrire varietà di repertorio e accompagnamento.

Sono ben sette le annate da cui sono tratte queste performance eppure non suonano affatto disomogenee nel loro dipanarsi, una via l’altra, risultano anzi altrettante istantanee dell’arte impareggiabile del Night Tripper. Cinque brani provengono dalla sua esibizione solitaria del 1986 e sono strabilianti per ricchezza, coloriture e contagioso divertimento che trasmettono. Bastano due pezzi per essere teletrasportati dal lago elvetico ad un locale di New Orleans. Da solo suona come un’intera band, bassi martellanti e svolazzi creativi senza pari.

Si ascolti la trascinante scorsa “Professor Longhair Boogie”, omaggio al grande Professor Longhair o la sincopata“Sick And Tired”. Oppure ancora la versione di “Goodnight Irene” posta come finale, che Mac dedica ad un altro dei suoi eroi, James Booker. Come scrive il suo amico, il produttore Russ Titelman, ci auguriamo che prima o poi venga pubblicato l’intero concerto. (Ricordiamo che altre tre canzoni dal set del 1986 sono state incluse come bonus del DVD del suo concerto del 1995, edito da Eagle Vision nel 2005).

Numerosi i momenti memorabili di questo CD, ad esempio una scintillante “Big Chief”  con la band e ospite speciale un Trombone Shorty che non si risparmia affatto. O ancora “Going Back To New Orleans”, canzone titolo del suo album del 1993, in pratica una lunga suite irrorata di ritmi caraibici, con i fiati a condurre le danze, impossibile restare seduti, e spazio ad interventi solisti dei vari membri del gruppo. Oppure uno dei suoi brani più noti, “Right Place, Wrong Time”, qui da una serata del 2004 col suo gruppo di allora i Lower 911, un solido trio con John Fohl alla chitarra, David Barard al basso e Herman Ernest III alla batteria.

Infine, ci sono gli standard, brani entrati nel repertorio di tanti artisti ma che tra le sue mani assumono caratteristiche differenti, inconfondibili con altri. Succedeva regolarmente nei suoi dischi dedicati a Duke Ellington (“Duke Elegant”, 2000), Johnny Mercer (“Mercenary”, 2006) o Louis Armstrong (“Spirit Of Satch”, 2014). L’effetto si ripete dal vivo, splendida infatti la sua lettura di “Love For Sale” di Cole Porter o quella di “Accentuate The Positive”, altrettanto personale.

Un gran bell’ascolto e un memento, nel caso ve nefosse bisogno, di che grande artista sia stato Malcolm John Rebennack, per tutti Dr. John.

Matteo Bossi

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