Con grande tristezza ci giunge la notizia della scomparsa di Joe Louis Walker, avvenuta lo scorso 30 aprile. Walker, settantacinquenne, ha avuto una lunga carriera, grazie ad un talento vocale e chitarristico di prim’ordine, affinato attraverso tanti incontri e collaborazioni. Alcuni di essi li aveva rievocati nel corso di una intervista apparsa nel numero 161 de Il Blues, realizzata in concomitanza del suo “Weight Of The World”, album uscito nel 2023 per la Forty Below di Eric Corne.
Walker negli ultimi anni aveva avuto qualche problema di salute che ne aveva rallentato l’attività senza tuttavia impedirgli di continuare a tenere concerti anche in Europa, dove era sempre molto apprezzato. Rivolgendo lo sguardo all’indietro, ci si accorge di come il suo lascito, anche restando semplicemente al punto di vista discografico, sia esteso, nonostante per varie vicissitudini il suo esordio sia arrivato solo nel 1986, con “Cold Is The Night”. Un album che aveva recentemente rivisitato incidendolo di nuovo, quasi quarant’anni dopo, riconoscendo quanto sia stato uno spartiacque nel proprio percorso artistico.
Senza dimenticare il gospel, una componente importante nella sua formazione, affiorata di tanto in tanto nella sua produzione, frutto degli anni negli Spirtual Corinthians. La piena affermazione blues di Joe Louis Walker, cresciuto a San Francisco, si completa nella seconda metà degli anni Ottanta e nei Novanta, con una serie di riusciti lavori prima su Hightone e poi su Verve/Gitanes, sovente disseminati di colleghi illustri, quali Otis Rush, Ike Turner, Steve Cropper o Taj Mahal, giusto per fare qualche nome. E anche dal vivo si è spesso circondato di colleghi stimati, pensiamo ad un tour con Matt Murphy e Billy Branch e ad altri, qualche anno addietro, con Amar Sundy e Murali Coryell,
Era poi altrettanto capace di avventurarsi in progetti rock/blues, sfornare dischi acustici (“Silvertone Blues”)o più orientati al soul/rhythm and blues, registrando per molte etichette diverse negli ultimi vent’anni e con quasi altrettanti produttori. Al proposito si era espresso in questi termini, nell’intervista citata: “A volte sono stato piuttosto testardo riguardo quello che volevo e non volevo fare dal punto di vista musicale. E questo può essere un vantaggio oppure no. Ma di una cosa sono sicuro, per tutto il tempo sono rimasto Joe Louis Walker. E di questo sono contento”.
Con lui se ne va un artista che ha saputo tenere insieme molteplici influenze, mettersi al servizio di altri con sensibilità, pensiamo ai dischi di James Cotton e Robert Jr. Lockwood, dare spesso una mano, con generosità, ad artisti emergenti, Vanessa Collier, per esempio. Il tutto senza smarrire per strada la stima di colleghi e appassionati.
Matteo Bossi
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