Mancava dall’Italia e da Milano da ben sei anni Marcus King, allora era stato protagonista sul palco della Santeria. Questa volta la sede è il Fabrique, che accoglie, la sera del 20 ottobre scorso, un pubblico numeroso e piuttosto variegato, per età e provenienza, a dimostrazione dell’interesse costante attorno alla figura del chitarrista e cantante, ancora nemmeno trentenne, originario del South Carolina. Ma il cambiamento non si limita al luogo del concerto, in questi anni ha mutato la configurazione della band, lavorato con produttori differenti, passando da Dave Cobb, a due volte Dan Auerbach, mentre  il più recente “Mood Swings” si è affidato invece all’altrettanto celebrato Rick Rubin. Senza trascurare poi i problemi personali che ha attraversato e di cui ha raccontato più volte, anche attraverso le sue canzoni, tuttavia in apparenza risolti in favore di una ritrovata serenità.

Inizio puntuale con Marcus King e i suoi ad imbastire un suono compatto, in cui le coordinate tracciate dalla voce e chitarra del leader sono seguite senza batter ciglio dal gruppo. La versione attuale della band è in pratica un quartetto, senza più la sezione fiati, ma comprendente il solo batterista Jack Ryan reduce della vecchia formazione,  Eric Vogel al basso, Mike Runyon alle tastiere/organo e un secondo chitarrista, Drew Smithers, spesso impegnato con attenzione alla slide o in parti ritmiche.

La set-list privilegia gli ultimi tre dischi alternando rimandi al southern rock più classico, “The Well”, a rallentamenti con ballate in cui la voce di King si trova particolarmente a suo agio ed ha modo di dispiegare tutta la sua espressività. Pensiamo a “Beautiful Stranger” o alla cover, molto riuscita, del noto successo di Danny O’Keefe “Good Time Charlie Got The Blues”, con begli intrecci tra le due chitarre nella coda del brano. Lo stesso si può dire di “Are You Ready For The Country”, altra ripresa, forse inaspettata. Di diverso rispetto al passato c’è anche il mini-set acustico e solitario che propone, inanellando una dopo l’altra “Mood Swings”, “Bipolar Love” e una molto efficace “Goodbye Carolina”, nel cui crescendo finale è di nuovo raggiunto dal resto della band. Spingono ancora sull’acceleratore in elettrico nel finale, “Fuck Up My Life Again” e “Lie Lie Lie”, occasioni per farsi valere anche per la sezione ritmica.

Tornato sul palco offre un trittico di chiusura davvero pregevole, dapprima la struggente “Delilah”, ballad country/soul acustica, “Wildflowers & Wine” e una gustosa allmaniana “Ramblin’ Man” per salutare degnamente il pubblico milanese, crediamo soddisfatto per la performance e l’approccio spontaneo, diretto dell’ancor giovane King.

Matteo Bossi

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