Mavis Staples - Sad And Beautiful World

Sono passati sei anni dal precedente album di Mavis Staples, “We Get By”, allora prodotto da Ben Harper ed è bello il solo fatto di avere tra le mani un suo nuovo lavoro. Per tutto quello che la voce di Mavis ha rappresentato in passato e continua ad incarnare, con dignità, rigore, empatia e il calore del suo sorriso e della sua risata, che qui risuona contagiosa dopo l’ultima traccia, come un balsamo in grado di lenire le ferite e apportare conforto nelle avversità.

E la voce di Mavis col suo carico di storia e autorità morale è al centro anche di “Sad And Beautiful World”(Anti-), prodotto da Brad Cook, affermatosi per i lavori di artisti quali Nathaniel Rateliff o Waxahatchee. Gli arrangiamenti sono costruiti con misura, prestando attenzione a non soverchiarla mai, pur impiegando una girandola di musicisti prestigiosi e ospiti sia dall’ambiente indie (Bon Iver, MJ Lenderman, Katie Crutchfield…) sia dagli amici della Staples (Bonnie Raitt, Buddy Guy, Derek Trucks…) oltre alla presenza, in alcuni pezzi, del bravo Rick Holmstrom, suo fedele chitarrista da ormai lungo tempo.

Le dieci canzoni dell’album sono riprese da autori molto diversi tra loro, anche se contrariamente a quanto era successo per “Livin’ On A High Note” non sono state scritte appositamente per lei.  Tranne in un caso, “Human Mind”, una collaborazione tra l’irlandese Hozier (aveva voluto Mavis per la sua “Nina Cried Power”) e Allison Russell, che le hanno ritagliato un testo riflessivo e accorato, “Even in these days I find, this far down the line, I find good in us sometimes”. E non si fatica a vedere un riferimento al caos e alla violenza che sembra albergare in tanta parte di questo “vecchio e bellissimo mondo”, come canta nella canzone titolo. Un brano dolente scritto da Mark Linkous (Sparklehorse), omonimo, curiosamente, di un pezzo di Charlie Musselwhite del suo album “The Well”, allora cantata in duetto proprio con Mavis Staples.

L’apertura è affidata alle vibrazioni di “Chicago”, posizione che occupava anche, originariamente, in “Bad As Me”, del suo autore Tom Waits. Con gli intrecci di chitarre (Buddy Guy e Derek Trucks) e qualche discreto contrappunto del sax, il racconto di una migrazione, “things will be better in Chicago” prende vita. E considerando che lei è nata e sempre vissuta a Chicago, ma Pops Staples era mississippiano, sembra quasi raccontare la sua storia.

Dalla penna di un altro grande figlio di Chicago, Curtis Mayfield, amico di famiglia e produttore della loro fortunata “Let’s Do It Again” a metà anni Settanta, proviene “We Got To Have Peace”, scritta negli anni del Vietnam, resta purtroppo valido monito sull’insensatezza delle guerre, arrangiamento minimale e morbido. Assume un connotato simile anche “Hard Time” di Gillian Welch, ballad di grande resa, dove tornano Jeff Tweedy e suo figlio Spencer, oltre a Derek Trucks, sempre mirabile.

È persino strano che Mavis non abbia mai inciso “Satisfied Mind” in precedenza, un classico country/gospel interpretato, tra i tanti,  da una delle sue eroine, Mahalia Jackson, ma anche da Dylan, Cash o Nelson. Stessa considerazione vale per “Anthem” di Leonard Cohen che si adatta come un guanto alla sua personalità, oltretutto contiene forse uno dei versi più citati del canadese, “there is a crack in everything, that’s how the light gets in”, quasi ieratica nel suo incedere. E non è nemmeno la prima volta che si cimenta col canzoniere di Cohen, infatti, ricordiamo la sua partecipazione all’interessante “Here It Is : A Tribute To Leonard Cohen”, edito su Blue Note nel 2022 con una bella versione di “If It Be Your Will”.

Ci saluta con il soul di “Everybody Needs Love” di Eddie Hinton e il suo messaggio universale, con la slide di Bonnie Raitt, amica di lunga data. Hinton, di cui ricorre il trentennale della scomparsa, qualcuno lo ricorderà, suonò la chitarra nel primo disco solista su Stax di Mavis oltre che su uno dei grandi hit dagli Staple Singers dello stesso periodo, “I’ll Take You There”. Ecco, Mavis continua a portarci in un altrove migliore e ci invita a conservare la nostra umanità; per questo e molto altro dovremmo ringraziarla.

Matteo Bossi

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