Con quasi 60 anni di carriera alle spalle ed un numero infinito di musicisti che si sono avvicendati al suo interno, la Roomful Of Blues (leggi qui l’intervista) può essere considerata ancora oggi una delle più celebri e concrete formazioni di blues e swing in circolazione.
Migliaia di km macinati con automobili, furgoni e van sul territorio statunitense e in giro per il mondo, nottate in motel e hotel di lusso non hanno tolto a questa formazione la voglia di proporre musica di qualità, e la conferma l’abbiamo da questa ultima opera discografica intitolata “Steppin’ Out!” che l’etichetta chicagoana Alligator ci propone in questo finale di anno.
E ancora una volta la band fondata nel 1967 dall’eccellente chitarrista Duke Robillard e dal pianista Al Copley ha colpito nel segno regalandoci un prodotto di qualità, senza proporci nulla di nuovo ma – forse – è proprio quello che si aspettavano gli ancora tantissimi fan della formazione del Rhode Island.
Rimane – infatti – immutato lo spirito originario, pregno di quel blues che sa mischiarsi allo swing e al jump con miscele infuocate di rhythm’n’blues e jazz, nonostante gli innumerevoli avvicendamenti che hanno visto tra le fila di questa big band artisti del calibro di Ronnie Earl, Lou Ann Barton, Sugar Ray Norcia, Ron Levy, Curtis Salgato e via discorrendo.
Roomful Of Blues – Steppin’ Out
“Steppin’ Out!” è un album che scivola via che è un piacere, una rivisitazione di brani per lo più poco noti che già facevano parte del repertorio di artisti “cult” della black music, come Big Mama Thornton (“You Don’t Move Me No More”), Etta James (“Good Rockin’ Daddy”), ZZ Hill ((“You Were Wrong”), Big Maybelle (“I’ve Got A Feeling” e “Tell Me Who”) tra i più conosciuti.
Si parte con una bellissima versione di “Satisfied” che mette bene in risalto la nuova vocalist D.D. Bastos in questo brano di Bill “The Kid” Emerson che non sfigurerebbe in un film di Quentin Tarantino.
“You We Wrong” ti mette l’adrenalina addosso col suo incedere fiatistico, mentre “Steppin’ Up In Class”, brano di Don Robey e Jimmy McCracklin è un ottimo esempio di come si dovrebbe suonare il blues.
Ancora a tenere il ritmo col piede con questa eccellente versione di “Slippin’ And Slidin’” con la Bastos in grande spolvero e un bel solo del rodatissimo Chris Vachon alla chitarra.
Il soul blues “Please Don’t Leave” (Wilbert Smith) è da ballare stretti alla persona amata, mentre con “Tell Me Who” ha un ritmo molto r’n’r da american diner.
“You Don’t Move Me No More” è un’altra bella lezione per chi vuole cimentarsi a questo genere musicale, dove emerge il piano di Jeff Ceasrine a duettare con la bella chitarra di Vachon.
Siamo sempre negli anni ’50 con questa versione di “Good Rockin’ Daddy” (Richard Berry & Joe Josea) prima di venire catapultati in una fumosa bettola ad ascoltare una jazzata “Tend To Your Business”, in punta di piedi e con grande classe come sicuramente voleva Dave Bartholomew quando scrisse questo brano.
Di tutt’altra energia “Well Oh Well” con tutta la band che gira a mille prima dei tre minuti di “Why Don’t Cha Stop It” e della seguente “I’ve Got A Feelin’” da ballare col diavolo in persona.
L’album si chiude con la pianistica “Dirty People”, brano dal repertorio di Smiley Lewis e la conclusiva “Boogie’s The Thing” a confermarci che siamo ancora una volta – nonostante il passare del tempo – al cospetto di una signora band che si avvale della sezione ritmica composta da John Turner (basso) e di Mike Coffey, mentre l’eccellente sezione fiati è guidata da Rick Lataille (coi Roomful dal 1970) a soffiare nelle ance del sax alto e tenore, col supporto di Craig Thomas (sax tenore e baritono) e dalla tromba di Christopher Pratt.
Un album dove si percepisce pienamente quanto questi artisti si divertano a suonare e questo – alla fine – è quello che fa bene alla musica.
Antonio Boschi










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