Per ricordare un grande artista, poliedrico e irrequieto come Shepard, scomparso lo scorso 27 luglio, proponiamo integralmente l’articolo apparso nel nostro n. 136.
Le strade blues di Sam Shepard di Marco Denti
All’inizio, quando scriveva per un teatro off Broadway di un’ottantina di posti, le sue piéce avevano nomi familiari come “Rocking Chair” e “Mad Dog Blues”, insegnava la chitarra a Patti Smith e seguiva Bob Dylan nella caotica Rolling Thunder Revue, ma la musica è sempre stata una componente irrinunciabile della scrittura di Sam Shepard. Scriveva Richard Gilman nell’introduzione a “Seven Plays”, una delle più corpose raccolte dei suoi testi teatrali: «Il rock’n’roll non è l’unico stile che (Sam) Shepard utilizza. Un’intera ga
mma di altri generi musicali si possono individuare: jazz moderno, blues, country & western e diverse forme di folk music. (Sam) Shepard ha sempre dichiarato, o altri l’hanno fatto al posto suo, che gli elementi musicali sono importanti in molte delle sue piéce per il linguaggio e la stessa vale per le atmosfere. D’altra parte è difficile immaginare molto del suo lavoro senza la musica, e intesa non tanto come un abbellimento o uno strumento strategico, come succedeva con (Bertolt) Brecht, per interrompere o evidenziare una sequenza narrativa, ma come parte integrante del racconto e della sua percezione complessiva». La sua ricerca, nei dialoghi, nei personaggi, nelle battute porta sempre al ritmo, incessante, sincopato, come ha ammesso lo stesso Sam Shepard: «Quel linguaggio è così potente che quando lo parli, diventa velenoso. Il linguaggio ti prende. Diventa quello a cui fai riferimento. E se interpreti esattamente la scena come è stata scritta, ti esce spontanea, come la musica».