Acqua, elemento essenziale fonte indispensabile di vita e spesse volte base sulla quale affidare speranze, la cronaca giornaliera ne è colma . Perché iniziare una recensione in questo modo? Perché questa immagine e la connessione tra acqua e musica, anch’essa linguaggio di vita, ha occupato la nostra mente durante l’anteprima del Trasimeno Blues che si è tenuta proprio “sopra” (tra poco capirete il perché) le acque del lago umbro. Inoltre la connessione tra blues e acqua, è imprescindibile, sia s’immagini l’imponente fiume Mississippi o le paludose e umide bayou del sud.

Tornando alle cose di casa nostra il festival itinerante ha raggiunto le sua 22 esima edizione svolgendosi dal 27 luglio al 3 agosto lungo le sponde (e non solo) del sempre caratteristico mare dell’ Umbria, coinvolgendo ben sei comuni. L’anteprima del 21 ha riproposto la piccola crociera sul lago, evento interrotto qualche anno fa e ripreso (richiestissimo) in questo 2017.

Foto di Giacomo Gargagli

Il piccolo battello è stato protagonista di tre date, ospitando a bordo tre concerti, quello di Fatima Provillon (anteprima) , Betta e Luti il 31 luglio e Bayou Moonshiners il 3 agosto. Fatima è una brava cantante del New Jersey che attraverso un repertorio classico, forse “troppo”, ha intrattenuto il numeroso pubblico presente, prima nel battello insieme alle tastiere di Francesco Lo Giudice, poi all’ Onda Road restaurant insieme alla band degli Hot Road del chitarrista Stefano Mincone. Attraverso un’impronta molto soul il sestetto ha saputo con competenza e dinamicità saltare tra brani di Tina Turner, Otis Redding e impegnative composizioni di Roy Hardgroove. Di tutta altra natura il set di Elisabetta Maulo e Roberto Luti, la loro performance si basa inevitabilmente su una forte connessione emotiva e interpretativa che hanno instaurato. La bellissima voce di Elisabetta, piccolo gioiello di casa nostra che deve la sua fama anche al festival, si lega perfettamente al suono di Roberto esprimendo il meglio in brani come “Keep Your Lamp Trimmed and Burning” tradizionale gospel legato al volto di Rev Gary Davis. Sempre affascinante il trasposto della Maulo che “si unisce” alle melodie in una sorte di trance. La serata del 31 è poi proseguita sempre all’ onda road all’ insegna del blues di Paul Venturi insieme a Simone Scifoni proveniente dal duo dei Cyborg.

Foto fi Giacomo Gargagli

Ottimo set in questo nuovo progetto intrapreso, dove Paul sembra essere veramente a suo agio tuffandosi nelle tipiche evoluzioni delta blues e viaggiando liberamente grazie alla forte struttura ritmica di Simone. Paul sembra aver trovato una dimensione ideale insieme all’impeccabile Scifoni e un particolare positivo appunto ai brani boogie proposti. Tra i tre appuntamenti sul battello, forse quello di Stephanie Ghizzoni e Max Lazzarini, recenti rappresentanti italiani all EBC2017, è da reputarsi il più ideale e adatto al contesto, per le colorature e i tipici ritmi della Louisiana, che così bene si sposano con il suono delle onde del lago; il carisma dei due e le immagini da cartolina di uno specchio di acqua al tramonto, hanno fatto il resto. Il Trasimeno Blues festival ritrova in questa edizione un piccolo festival nel festival, esperienza che speriamo vivamente possa diventare imprescindibile nelle prossime edizioni anche perché molto apprezzata dai suoi frequentatori diventando una “piccola grande” propaganda per le bellezze del territorio e dei suoi sapori. Ormai tradizionalmente il festival inizia sul lungolago di San Feliciano, qui Mia Nkem Favour coadiuvata da musicisti esperti di casa nostra tra cui un’inossidabile Danilo Parodi ha regalato 90 minuti di belle emozioni sapendo con esperienza e appel coinvolgere i tanti presenti. La voce a Mia non manca di certo ma é inevitabilmente la qualità di saper tenere il palco e automaticamente catturare il pubblico, il pregio che più si fa apprezzare. Anche per loro un repertorio fatto di classici tra soul, rhythm & blues e rock i quali dove particolarmente apprezzabile è la non scontata “Nutbush City Limits”.

Foto di Giacomo Gargagli

Il festival si trasferisce nella spettacolare cornice della Rocca di Castiglione del Lago dove la band dello stacanovista Maurizio Pugno accompagna questa volta il britannico Reuben James Richards. Un concerto che ha una partenza da urlo e che ci fa subito sperare in una di quelle rare serata da ricordare, ma ben presto il mancato affiatamento del quintetto si trasforma in una performance di normale routine. Forse, date le conosciute qualità dei  singoli, ci si aspetta sempre qualcosa in più rispetto ad altri; inoltre la forte natura soul della voce di Reuben avrebbe meritato il supporto di una sessione fiati in questa circostanza mancante. Da rivedere. Un marcato miglioramento invece, rispetto al passato, per James & Black Soultet, (Castiglione del Lago, sabato 29 luglio) non tanto per la qualità musicale proposta ma più che mai per una maturazione e maggiore sicurezza di entertainment di Bella Black. Le sue qualità vocali e di autrice le avevamo già apprezzate in passato ma ciò che mancava era quel fondamentale rapporto con il pubblico, fondamento di ogni show che si rispetti e il tempo e l’esperienza hanno colmato il gap. Bruce James è invece la radice peculiare della band attraverso quel bel graffio vocale e una solida formazione musicale; un soul che si unisce a volte al jazz per un’interessante natura artistica un po’ diversa dalla globalità della scena black permettendo anche alle tante riletture di avere un nuovo prospetto. Ottimi anche The Black Beat Movement, musicalmente interessanti e ben amalgamati; forse il contesto non era dei più appropriati a causa di una proposta fatta di funk e hip hop marcata dagli immancabili scratches di dj Agly. Un concerto per chi era in cerca di sonorità ed emozioni diverse da quelle tipiche di una situazione blues; comunque molto brava Naima Faraò, figura centrale dell’ensemble. Immancabile ormai da qualche edizione sui palchi di Trasimeno Blues è il suono dell’afro-beat e anche quest’anno la tradizione è stata rispettata con la partecipazione dei Savana Funk a Tuoro presso parco il Sodo, martedì 1 agosto.

Foto di Giacomo Gargagli

Proprio il trio di Aldo Betto è stato protagonista insieme al bassista londinese Blake Franchetto e Youssef Ait Bouazza del picco artistico di questa ventunesima edizione. Partenza ricca di freschezza e colma di energia su un funk stracolmo di groove e sinergia proprio grazie ai tre, per poi ospitare nello show il polistrumentista Kalifa Kone e successivamente la cantante Cady Coulibaly (entrambi dal Mali). La svolta nelle sonorità africane è inevitabile quindi, ma mantenendo comunque quella sostanziale base ritmica con la quale il set si era presentato. Un costante e affascinante viaggio tra le contaminazioni e i suoni che le differenti origini dei cinque musicisti rappresentano, rimarcando ancora una volta il potente linguaggio della musica sia come forma d’arte ma soprattutto come punto di incontro e svolta evolutiva. Pubblico elettrizzato. Serata da dimenticare invece quella di Tavernelle, mercoledì 2 agosto, dove va in ogni modo riconosciuto il coraggio della proposta artistica di Francess English, giovane voce italo-americana da padre giamaicano. Non ci ha per nulla colpito la trasposizione in lingua inglese di classici della musica italiana; senza dubbio Francess ha una bella voce e una presenza elegante, ma non bastano solo questi due aspetti per emozionare. Un ruolo importante in questo Trasimeno lo hanno come sempre assunto i concerti in seconda serata; ahimè non a tutti abbiamo potuto partecipare. Siamo stati assenti a quello di Davide Lipari, a quello dei perugini Trainrider e all’appuntamento pomeridiano di G-Fast. Fortunatamente eravamo presenti al formidabile set dei canadesi The Steady Swagger, trio capitanato da Pi Sailin Cutler che attraverso un carismatico intercorrere tra folk jazz e uno inaspettato punk, sono riusciti a creare un personalissimo marchio che ha animato una lunga notte alla Darsena di Castiglione. Chi non delude mai è il fantastico progetto di Francesco Piu con la Peace Groove Band, dove il talento del chitarrista sardo è coadiuvato dalla sana follia dei suoi compagni di viaggio,  Giovanni Gaias su tutti; non solo Francesco ha registrato uno degli album più belli dell’anno ma ribadisce regolarmente con i suoi live di essere uno dei migliori in Italia e non solo. Affascinante sorpresa di questa edizione sono i Lovesick Duo, che in una giornata un po’ “nera” per il festival, annullato all’ultimo istante il concerto di venerdì 4 agosto a Passignano per motivi correlati alle nuove norme sulla sicurezza, hanno da prima dovuto anticipare la loro performance all’Onda Road, in seguito esibirsi più del dovuto durante la lunga serata lacustre.

Foto di Simone Bargelli

Piccolo gioiello sonoro sul contrabbasso di Francesca Alinovi e la chitarra e voce di Paolo Roberto Pianezza, in viaggi che alternano e intrecciano country, blues, rockabilly e rock n roll; c’è anche spazio per un’anteprima che farà parte dell’album d’imminente uscita totalmente cantato in italiano. La forza di questi ragazzi, oltre che nelle capacità musicali che subito risaltano, è quella di aver creato con freschezza e ironia un progetto su una formula (quella del duo) per nulla semplice e scontata; la naturale sinergia sul palco che c’è poi tra Francesca e Paolo fanno il resto. Ogni tradizione si rispetta puntualmente al TB e allora tappa di chiusura come sempre la bellissima Città della Pieve, dove sabato 5 agosto si è esibito il giovane Kevin Davy White. Francese ma in pianta stabile a Londra, Kevin ha senza dubbio talento da vendere soprattutto vocalmente; il suo approccio è decisamente rock anche in riletture di storiche fondamenta del blues come “Mannish Boy” di Muddy, ma se da un lato il concerto è eccellente sul suo lato strettamente musicale, non male anche la versione di “Voodoo Chile”, quello che a volte disorienta è la scelta di brani così musicalmente distanti tra loro; forse Kevin sta solo cercando la sua vera natura artistica ma siamo comunque sicuri che è uno di quei nomi del quale sentiremo presto parlare in futuro. In conclusione il Trasimeno 2017 è stato un festival che, seppur non ospitando nomi eclatanti nel suo programma, ha saputo mantenere una qualità artistica di buon livello, la stessa che lo ha caratterizzato e fatto amare nei passati anni; anzi diremo di più! Forse la crisi economica che colpisce le amministrazioni comunali e inevitabilmente mette a rischio l’esistenza di manifestazioni come questa, per una volta l’abbiamo vista come opportunità per scoprire piccole gemme musicali che in altri momenti avrebbero inevitabilmente avuto meno spazio. Agli organizzatori dunque inviamo un messaggio; importanti certo gli artisti di richiamo ma non chiudete gli occhi a piccole realtà indipendenti che da sempre rendono “grande” la musica. Al prossimo 2018.

 

Matteo Berlengha

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