Lo avevamo perso la scorsa estate a Fiorenzuola d’Arda, abbiamo rimediato lo scorso 27 marzo quando Troy “Trombone Shorty” Andrews con la sua formazione, Orleans Avenue, ha fatto tappa alla Santeria di Milano, unica tappa italiana del suo passaggio in Europa. Inizio puntualissimo, sono infatti le 21,30 quando il gruppo sale sul palco, nove elementi, con due coriste, due sassofonisti, due chitarristi oltre alla solida sezione ritmica per un concerto che come ripete lo stesso Shorty è animato dallo spirito delle feste.

Il repertorio attinge da tutti i suoi dischi solisti, in particolare da “Parking Lot Symphony” uscito un paio d’anni fa su etichetta Blue Note, come l’attacco molto carico di “Where It At”. La sua è una musica che mischia funk, r&b, rock, soul, una spruzzata di jazz, con brani dilatati dagli interventi solisti, un groove quasi incessante che rimanda alla gloriosa tradizione della Crescent City. Già perché Shorty trasporta il pubblico, molto coinvolto, nella sua città natale, riprendendo ad esempio un pezzo dei Meters, “It Ain’t No Use”, una band che continua ad avere una influenza pervasiva, tra l’altro lui ha riunito tutti i membri originali per un pezzo nel suo album “Say That To Say This”.

Ad essa segue subito un altro brano di cui è autore un monumento della musica quale Allen Toussaint, “On Your Way Down”, che qualcuno ricorderà anche nelle versioni di Little Feat o Lee Dorsey. Shorty non sta fermo un attimo,  se la cava bene al canto e occasionalmente al tamburello, ma è nell’alternanza tra il trombone e la tromba, che dimostra tutto il suo talento multiforme, è effervescente su “Here Come The Girls”, ancora a firma Toussaint, resa celebre da Ernie K-Doe. La tradizione è vivificata da una versione di “On The Sunny Side Of The Street”, dove mostra virtuosismo e controllo. Il finale è in crescendo con due bis, gestiti dando spazio a ciascun musicista, tra cui spicca un solo del sax baritono (Dan Oestreicher) scatenato, oltre a Shorty in un assolo di tromba che sfida le capacità polmonari, poi spazio anche alle coriste, prima di guidare il pubblico, conquistato dalla sua energia incontenibile, su “When The Saints Go Marching In”. Shorty conosce benissimo il passato, non dimentichiamo che il nonno era Jessie Hill (autore di “Ooh Poo Pah Doo”) e  su di esso costruisce la sua musica che guarda al futuro sprizzando eclettismo e divertimento, per chi era sul palco e per chi era sotto.

Matteo Bossi

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