L’area del Delta del Po è come  il delta del Mississippi solo meno estesa, ci sono  le paludi, le zanzare, i pesci gatto, i ritmi di vita più rilassati e di conseguenza un’attiva scena blues; in questo contesto si  colloca Alex Jakuc meglio conosciuto come  Frank Pintone.  Il nome viene adottato da Alex  durante il periodo di  servizio civile  prestato  a Torino negli anni ‘90,  dove gli ingredienti principali delle “notti brave sabaude” del nostro erano i concerti blues  e  il bottiglione di vino da due litri, qui  chiamato “Pintone”,  condiviso con gli amici piemontesi.

Chi lo conosceva può testimoniare quanto avesse preso con serietà il ruolo di bluesman che la vita gli aveva dato, consapevole che se il blues ti sceglie non hai scampo, non è importante quanto sei bravo o famoso, se fai 1 concerto o 20 al mese, ma se ti prende lo devi vivere fino in fondo.  Il blues è gioia ma anche sofferenza, è nero ma anche bianco e Alex/Frank ne aveva sposato il dualismo e come un clown ironizzava su di se celando   una tristezza che però è il motore stesso della musica dell’anima. La Romagna è il Mississippi e i romagnoli sono i più neri d’Italia, per parafrasare Jimmy Rabbitte manager dei The Commitments  che nel famoso film del 1991 motivava in questo modo la sua band definendo così gli Irlandesi. Allo stesso modo Frank Pintone ai miei occhi e per le mie orecchie era nero e quando cantava sentivo la fatica del lavoro nei campi di cotone , la schiavitù e la segregazione razziale, sul palco giocavamo come bambini :”tu eri Muddy Waters e io ero Johnny Winter”.

Foto Massimo De Rosa

Foto Massimo De Rosa

Come ogni bluesman che si rispetti Frank aveva i suoi fantasmi che lo perseguitavano ed ultimamente aveva scelto di affrontarli da solo sfidando il diavolo a singolar tenzone. Negli ultimi tempi infatti aveva messo un po’ da parte i suoi fedelissimi Blues Long Drinkers, forse per proteggerli da un contesto musicale che sempre più penalizza le band, scegliendo di suonare il suo Dobro per le strade in solitaria.  Frank  è arrivato nel 2008  in una fase per me importante,  e come vuole la mitologia blues l’ho incontrato ad un bivio della mia esistenza in quel momento un po’ confusa, ma lui e i Blues Long Drinkers mi hanno accolto a bordo per un’incredibile estate di concerti lungo la riviera adriatica e per questo motivo sono a loro  sono molto grato. Negli ultimi mesi si era trasferito alle Canarie dove la musica e il clima del posto lo avevano aiutato a trovare nuove energie per affrontare le sfide della vita per lui più difficili, considerata la salute cagionevole nell’ultimo periodo. La notte del 26 febbraio però non ce l’ha fatta e un arresto cardico se lo è portato via il giorno del suo compleanno, stesso giorno della dipartita di Bukka White,  abbandonando la scena  con un alone di mistero come si addice ad un uomo di blues.  Caro Frankie forse l’ultima sfida non l’hai superata, ma tranquillo la partita è ancora aperta perché anche se ci hai lasciati la tua musica ci accompagnerà per sempre……per ricordarci che alla fine siamo tutti dei Braun.

Max Arrigo

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