Cek & The Stompers: Mr. Red cover album

Rieccolo, il Franceschetti, che dai vecchi tempi dei Cekout l’abbiamo ritrovato più volte in mille rivoli d’altri progetti musicali, la sua pazza verve da un po’ bazzicando in derive blues del nostro piccolo mondo italiano; adesso invece, con un’uscita “internazionale”.

Il grande passo infatti con la texana Gulf Coast Records, la stessa di Mike Zito, Popa Chubby o Joanna Connor e ora anche dei suoi Cek & The Stompers, a regalarci questo maturo “Mr. Red”. Una pubblicazione di quasi un anno orsono (al prossimo giugno) ma giungiamo a parlarne ora, che mai c’è sparito dai radar, il Cek, perché quando non è sul palco, l’abbiamo sempre visto attivo d’intorno, a qualche data per cui lavora o a qualche concerto estivo; la musica, il suo mondo.

Il titolo di quest’ultimo disco, niente meno che un omaggio al compianto bluesman Louisiana Red (Iverson Minter, 1932 – 2012) che visse qualche anno in Germania prima della sua dipartita e che Franceschetti ebbe proprio l’onore di conoscere ed accompagnare, per un certo periodo, “a bottega” da un grande.

Cek & The Stompers-Mr. Red, l’album

Come si addice allora a qualsivoglia chitarrista d’esperienza (o “chilometraggio”, per dirla in blues) esprime la sua brava e affinata competenza con gli Stompers e realizza il lavoro, anzitutto in compagnia dell’amico Luca Manenti, elettrica e mandolino (nonché produttore dell’album) e assieme, gli altri Stompers: Pietro Gozzini al contrabbasso, le percussioni di Federica Zanotti, l’armonica di Andrea Corvaglia, Annalisa Favero ai cori.

Centro nevralgico della produzione, sempre il Poddighe Studio di Brescia, attorno a cui ruotano i compari e prendono vita i pezzi che il bluesman camuno ha scritto: atmosfere roots autografe per una decina di questi e poi “Please Me”, dell’amica e conterranea Laura Domeneghini e “Thirteen Days”, di J.J. Cale, per una sporca dozzina “on dobro”, con approccio alla Son House che fatica a nascondere.

La title-track ha allora un incedere potente, che pare assomigliare a quel che anche Rory Gallagher scrisse dedicato a Louisiana Red: quella “Ride On Red” con la slide in grande spolvero, come nella traccia di quest’album e che probabilmente, è quel che il gran maestro ispirava.

Prendiamo poi la “Please Me” di cui sopra, altrettanto forte in atmosfere d’un blues cupo e notturno, in minore, neanche fosse “St. James Infirmary”.

E mutua un linguaggio classico, l’istrionico Cek, che non si ferma al blues e rievoca echi più celtici sulla “Fairy Tales” nel b-side di un ipotetico vinile; ma potrebbe esserlo persino la conclusiva “Thirteen Days” di J.J. Cale, dove il Cek sembra rievocarci anche John Hiatt, come nella precedente “Going To The Circle” ad alzare il tiro di un disco ricco, potente, evocativo, non meno vario che se fosse stato elettrico.

Così la terzultima traccia “Once Upon A Time In The South”, ma è un’altra storia. Consigliatissimo.

Matteo Fratti

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