Se ne è andato lo scorso 5 maggio, alla veneranda età di 91 anni, Chris Strachwitz, un uomo al quale gli appassionati di musica, non soltanto di blues e affini, devono moltissimo. La sua creatura, Arhoolie, inaugurata nel novembre del 1960 con “Texas Sharecropper And Songster” di Mance Lipscomb, stampato in duecentocinquanta copie, ha navigato le sei decadi successive seguendo essenzialmente il suo gusto e divenendo, al contempo, una delle etichette più rispettate. Il suo singolare viaggio si è caratterizzato per la noncuranza di ogni aspetto commerciale o di scelte dettate da un banale senso degli affari. Sarebbe persino inutile e forse retorico pensare a quanto Strachwitz abbia fatto per artisti diversissimi tra loro come Clifton Chenier, Flaco Jimenez, Earl Hooker, Fred McDowell, Canray Fontenot, Robert Pete Williams per non citarne che una minima frazione o tutta la scena Sacred Steel, negletta fino alle antologie da lui pubblicate negli anni Novanta.

E ancora la sua passione per il jazz tradizionale, la musica messicana, tejana,  klezmer, gospel e tutto quanto lo emozionasse. Si definiva con ironia “song catcher”, essendo molto lontano dal concetto di produttore, “This ain’t no mouse music!” diceva con una espressione efficace, divenuta anche il titolo di un film documentario sulla sua storia realizzato circa dieci anni fa da Chris Simon e Maureen Gosling. La sua eredità culturale è al sicuro, gestita dall’Arhoolie Foundation, mentre dal 2016 il catalogo è passato sotto l’ombrello dalla Smithsonian Institution che ne cura mantenimento e digitalizzazione.

Ci vengono in mente inevitabilmente le parole di grande stima con cui, lo scorso anno, nel corso di una lunga intervista apparsa nel n. 159 de Il Blues, Charlie Musselwhite aveva rievocato per noi la figura del suo amico Chris. “Ho ricevuto da poco questo premio dall’Arhoolie Foundation, si chiama Legacy Award. Significa molto perché Chris ha registrato molta musica che altrimenti, forse, non avremmo potuto ascoltare. Ha aiutato molti artisti a farsi conoscere e perciò sono orgoglioso di essere stato parte dell’Arhoolie. Ci siamo conosciuti a Chicago negli anni Sessanta, l’ho portato in giro per i club, visto che all’epoca conoscevo tutti i posti dove suonavano blues. Poi quando mi sono trasferito in California ho persino lavorato per la sua etichetta, impacchettavo i dischi per le spedizioni, caricavo gli scatoloni sul mio van e li portavo alla posta. Chris è una brava persona, segue il suo cuore, il suo istinto, non gli è mai importato nulla del potenziale commerciale di un artista, se gli piaceva e faceva buona musica lo pubblicava. […]”

Mettendo sul piatto uno dei tanti Lp Arhoolie non possiamo che unirci idealmente a quanto espresso da Musselwhite e rivolgere a Strachwitz un pensiero di gratitudine per come la musica da lui raccolta abbia reso migliori le nostre vite.

Matteo Bossi

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