UNA LUCE SI È SPENTA di Pio Rossi

Una delle persone migliori che abbia mai conosciuto ci ha lasciato.  La mia amica Francesca Mereu se n’è andata venerdì scorso, così, all’improvviso. In verità non so se lei mi considerasse altrettanto amico, in fondo un oceano ci divideva e non sono state molte le occasioni per vedersi. Prima di incontrarla di persona avevo imparato a conoscerla attraverso gli articoli che IL BLUES aveva pubblicato. Erano tutti pezzi scritti con passione, empatici e informati, dai quali traspariva la sua grande esperienza di giornalista e scrittrice. Ero incuriosito da questa donna che scriveva di Blues e di Jazz, anzi, che scriveva di musicisti di Blues e di Jazz con una attenzione speciale verso la persona, la sua storia e i suoi sentimenti. Aiutato dalla nostra amica la rete internet avevo rapidamente scoperto che Francesca vantava un curriculum da far invidia a giornalisti più famosi o blasonati: corrispondente da Mosca e dalle Nazioni Unite per Radio Free Europe, collaboratrice dell’International Herald Tribune, del New York Times, del Manifesto, dell’Unità, del Fatto Quotidiano, del Diario e di Radio Popolare, autrice di pièce teatrali e di diversi saggi, soprattutto sulla Russia, la sua patria adottiva, e sulla condizione dei neri americani. Mi chiedevo cosa spingesse un tale calibro a scrivere per un piccolo magazine di musica che si rivolgeva ad un ristretto gruppo di appassionati. Volevo incontrala e conoscerla e l’occasione si presentò nel 2018, al Juke Joint Festival di Clarksdale, Mississippi. Mi sorprese non solo la sua capacità critica e la conoscenza del genere e il fatto che, diversamente da me e con mia grande ammirazione, conoscesse personalmente molti dei musicisti che si esibivano e che la trattavano da amica. Ancor di più mi sorprese la sua curiosità, la sua cordialità e gentilezza, la sua passione e la sua voglia di vivere ogni esperienza in ogni minuto e fino in fondo. Era anche dotata di un carisma naturale eppure riservato e riguardoso, alimentato da una intelligenza rara che rendeva interessante parlare con lei anche solo del tempo metereologico. Dopo mi è capitato di incontrala altre volte, alle presentazioni dei suoi libri e al Salone del Libro di Torino e poi, infine, a casa sua a Birmingham, Alabama, dove nel 2019 insieme all’amico Nuccio e al suo adorato e fantastico marito Sergey, passammo insieme una decina di bellissimi giorni, in giro per locali ad ascoltare musica e a visitare le enclave afroamericane delle contee di Jefferson e Shelby. Mi sembrava che tutti, in quella piccola città del Sud, la conoscessero e la amassero. Mi vengono in mente piccoli particolari e episodi come lo scambio di idee sull’uso della punteggiatura e degli accenti (una virgola sbagliata la inorridiva più della vista di un’ingiustizia) o sulla situazione di uno stato ancora intrinsecamente razzista come l’Alabama. Ripensandoci oggi mi si stringe il cuore e già mi mancano i suoi messaggi e le email che ci scambiavamo. Credo che in fondo ciascuno di noi, non conta la fede in un qualche Dio, abbia o debba avere un solo vero scopo nella vita che, per quanto possibile, consiste nel rendere migliore questo brutto mondo cattivo. B.B. King diceva che a comportarsi bene con le persone non ci si rimette mai. A volte basta un po’ di gentilezza, anche verso gli sconosciuti, a volte la condivisione di qualcosa di buono che si ha dentro di sé, a volte adoperarsi attivamente per il prossimo. Francesca con la sua passione e gentilezza, con l’impegno e l’altruismo ha davvero reso questa valle di lacrime un posto migliore. Ora non c’è più e sento questa perdita come irrimediabile. Cryin’ won’t help you, prayin’ won’t do no good.

FRANCESCA di Nuccio Origgi

Huge , enorme, immenso. Un amico concittadino di Birmingham, Alabama, ha definito con questo termine il cuore di Francesca.  Ed era proprio così. Parlare di Francesca con un tempo passato mi spezza il cuore. sono ancora incredulo. Con l’amico Pio, ho avuto la fortuna di essere suo ospite, suo e del marito Sergey, nella loro bellissima casa, una casa aperta a tutti. Ho avuto la possibilità di apprezzare ed ammirare l’ospitalità, la gentilezza, la passione che mettevano a disposizione di chiunque. Ho potuto constatare come Francesca avesse tanti amici e fosse amata da tutti, a Birmingham, nonostante vi abitasse da pochi anni. Soprattutto la comunità afroamericana la amava, perché aveva capito che lei era parte di loro, avendo fatto proprie le battaglie e le rivendicazioni di chi ancora reclama parità di diritti e di trattamento. Aveva uno smisurato amore per la black music, dal blues al jazz, dal soul al gospel, perché quello è un modo importante di esprimersi da parte di chi ancora rivendica un credito nei confronti della società, della vita. Francesca aveva abbracciato queste istanze senza esitare. Durante il nostro soggiorno a Birmingham, ci aveva presentato parecchi suoi amici, soprattutto musicisti, e la cosa che più mi piaceva era vedere quanto loro la amassero, e vederla sparire, lei così esile e minuta, nell’abbraccio pieno di affetto e tenerezza da parte di persone dal fisico spesso grande e possente. Lei era una di loro. Ci aveva mostrato, a Birmingham, i luoghi simbolo della lotta per i diritti civili, e ne aveva scritto nel suo bellissimo ultimo lavoro, “Quando mi chiameranno uomo”.  In Italia, una sera, era venuta nella nostra libreria, a Vimercate, proprio per presentare il libro, ed aveva conquistato tutti con la sua semplicità, con il suo sorriso, con il suo impegno. Quando le dissi che un’amica insegnante, presente alla serata, aveva deciso di far leggere ai suoi ragazzi, in classe, le pagine del libro, vidi il volto di Francesca illuminarsi: era proprio quello che desiderava, trasmettere il messaggio. Mi aveva anche parlato del suo prossimo progetto, un libro dedicato a Rosedale, un quartiere nero di Birmingham distrutto dalla prepotenza e dalla arroganza dei bianchi. Già, il suo cuore batteva lì, dove vedeva sofferenza ed ingiustizia. Non potrò mai dimenticarla. Sempre con Pio, si era parlato di tornare in Alabama, per riabbracciare Francesca e l’inseparabile, gentilissimo Sergey, tanta era la passione che ci avevano trasmesso. Purtroppo è successo ciò che nessuno avrebbe potuto neppure immaginare.  Adesso il mio cuore piange e sanguina. Anche a distanza di migliaia di chilometri, Francesca mancherà tantissimo, sempre. Sarà un’ immagine banale, scontata, ma voglio pensarla in un Paradiso, ancor più illuminato dal suo sorriso e dal suo amore per il prossimo, magari in compagnia di Billie Holiday e Muddy Waters, di Mahalia Jackson e di Louis Armstrong, di Martin Luther King e di Rosa Parks. A noi restano gli immensi regali che ci ha fatto: la sua amicizia, la sua passione, il suo sorriso indimenticabile. Ciao Francesca, grande anima, cuore infinito.

 

 

 

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