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Secondo Jon Landau, giornalista di Rolling Stone, l’edizione del 1968 del Newport Folk Festival è stata per lo meno diseguale. L’interessa per le forme tradizionali di musica folk era apparentemente in ribasso, il festival era diviso tra la presentazione di grandi nomi che attraevano il pubblico e quella di artisti tradizionali che, per la maggior parte, non suscitavano lo stesso interesse o entusiasmo. Tuttavia, la volontà degli organizzatori era di consentire agli artisti folk di suonare in un ambiente intimo e vicino ai festivalieri, senza amplificazione vocale o strumentale. Era però quasi impossibile creare una tale atmosfera in presenza di migliaia di spettatori davanti ad ogni palco. Perciò, quando Buddy Guy sale sul grane palco e inizia a suonare davanti ad un pubblico considerevole, un brusio si produce sin dalle prime file, richiedendo di aumentare il volume. Cosa che venne subito effettuata, a detrimento però degli altri palchi, presto abbandonati per ascoltare Junior Wells e Buddy Guy, contribuendo a rendere più confusa l’organizzazione del festival.  Al di là dell’aneddoto, è degno di nota soprattutto che il Newport Folk Festival del 1968 ha permesso a Wells e Guy di prendere il volo. È anche questo concerto che li ha resi un duo mitico, (pubblicheranno il loro primo album), spingendoli alla fama internazionale. Amos Wells Blakemore Jr alias Junior Wells  (1934-1998), nato a Marion, Arkansas, da una famiglia di agricoltori. Ha imparato l’armonica da Junior Parker e si è costruito uno stile omogeneo, fatto d’impetuosità e forza tranquilla. Cantava con convinzione, con voce strozzata e non esitava a fare qualche riferimento a James Brown. Wells inizialmente imitava Sonny Boy Williamson e Junior Parker. Poi, attirato a sua volta dalle sirene della Windy City, a diciannove anni si unisce alla band di Muddy Waters, sostituendo Little Walter.  Cantante pieno di passione, Wells è più spesso celebrato per aver sviluppato lo stile moderno di armonica amplificata, divenendo presto uno dei migliori.

Nato a Lettsworth, Louisiana, nel 1936, George Buddy Guy è uno dei musicisti blues più importanti al mondo e di certo uno dei chitarristi più influenti. Guy è cresciuto nutrendosi di artisti blues dall’espressività unica come Lightnin’ Hopkins e T-Bone Walker. Si trasferisce a Chicago, dove apprende direttamente da Muddy Waters, Guitar Slim o Otis Rush. Buddy Guy elaborerà il proprio stile molto energico, caratterizzato da un bending estremo delle corde e un attacco teso e staccato. Influenzerà moltissimo chitarristi quali Jimi Hendrix, Eric Clapton, Jimmy Page, Jeff Beck e Stevie Ray Vaughan. Il compianto Bob Koester descrive così l’alchimia musicale che si creava tra questi due uomini: “Junior faceva del South Side Blues, un blues morbido orientato al Mississippi e Buddy suonava quel che chiamavo il Westside Sound”.

L’opera comincia con la presentazione da parte del direttore del festival, George Wein. Il gruppo, comprendente una sezione ritmica  con il bassista Jack Myers e il batterista di jazz divenuto di blues Fred Below e il solo A.C. Reed ai fiati, inizia con uno strumentale “One Room Country Shack” di Buddy Guy. Si tratta probabilmente del brano più rappresentativo del suo classico album “A Man And The Blues”, uscito nel 1968. Col sax di Reed, Guy e Wells si lanciano di seguito su “Checkin’ On My Baby”. Wells suona l’armonica mentre la Stratocaster di Guy taglia come uno scalpello ogni linea. La ritmica rallenta per la rilettura infuocata di “Somebody Hoodoed The Hoodoo Man”, seguita dalla canzone feticcio di Junior Wells, “Messin’ With The Kid”. Per concludere il set Guy e Wells si abbandonano a corpo morto in una esplorazione chirurgica di quasi nove minuti su “Help Me”, di Sonny Boy Williamson II. È puro Chicago blues, Buddy Guy suona come B.B. King sotto steroidi mentre Junior e il gruppo improvvisano brillantemente. Su questo pezzo in particolare si può comprendere chiaramente fino a che punto questa band abbia influenzato i musicisti più giovani, come ad esempio Johnny Winter. La voce carica di Wells e lo stile di questi musicisti avevano un impatto considerevole. Questo set fantastico è stato di certo l’apice di tutta la giornata; infatti, il pubblico di Newport li richiama più volte. Ritornano dunque per la prima volta con “Stormy Monday”, uno slow sapido che comincia con un tocco delicato, ma che in seguito permette a Buddy un succedersi di riff bollenti. Riesce anche a inserire un momento di humour spontaneo in uno dei suoi assolo, citando la canzone folk “Mary Had A Little Lamb” (era un festival folk dopo tutto!) Mentre tutti si aspettavano che la canzone terminasse, la band attacca una ripresa funky di “I Got You / I Feel Good” di James Brown col sax incandesccente di A.C. Reed, un brano che di sicuro ha mandato in estasi il pubblico. Un album inedito, recuperato dalla Cleopatra,  che si ascolta d’un fiato. Indispensabile.

Philippe Prétet


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