Chi come noi non aveva ancora avuto modo di vederlo all’opera, non ha voluto perdere l’occasione che si è presentata a metà maggio, con il passaggio di Leo Welch per due date italiane. Ci siamo ritrovati dunque il 16 di quel mese ai Vizi del Pellicano di Fosdondo, nella campagna reggiana, dove era in programma il concerto.

foto di Nico Cagarelli ©

La serata è stata organizzata con la collaborazione dell’Associazione Roots And Blues di Parma ed ha radunato attorno al piccolo palco un nutrito gruppo di appassionati, ma anche molti avventori che ignoravano chi fosse l’ottuagenario mississippiano. Classe 1932, l’ex taglialegna Welch ha pubblicato perla BigLegalMess un interessante primo disco nel mese di gennaio. Per questo tour europeo era accompagnato solo dalla batterista Dixie Street, che a dire il vero talvolta faticava a tener dietro al blues anarchico e umorale di Welch. La musica che ha proposto d’altro canto, poco o nulla aveva in comune con quella contenuta nei solchi del suo disco, in quanto, dal vivo, la sua performance ruotava, quasi in esclusiva, su standard molto noti. Scorrevano una dopo l’altra interpretazioni divertite e sregolate di “Sweet Home Chiago”, “Got My Mojo Working”, “Sweet Little Angel”, “Woke Up This Morning”, “Going Down Slow”, “Further On Up The Road”, “Big Boss Man”…versioni simpatiche ma di rado memorabili.

foto di Nico Cagarelli ©

Certo lui suona con stile semplice e disadorno, canta discretamente, accennando pure qualche passo di danza, quasi come se fosse tra i suoi amici sotto un portico. Il pubblico applaude e forse non è nemmeno corretto pretendere altro da un musicista ottantaduenne, però è altrettanto onesto riconoscere i limiti della personalità musicale di Welch. La serata è comunque piacevole e nel finale c’è spazio per un paio di duetti con la chitarra di Faris Amine, a riprodurre quanto i due hanno cercato di fare in uno studio di Correggio nel pomeriggio, imbastendo un dialogo tra la musica dei touareg e il blues mississippiano.

 

 

Matteo Bossi

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