Dopo una lunga pausa ritrovarci ad ascoltare musica dal vivo è stata semplicemente una esperienza benefica. Tanto più che la cosa è avvenuta nel bel contesto della piazza Molinari di Fiorenzuola d’Arda, davanti alla chiesa di San Fiorenzo.

È questa la collocazione che ha trovato da alcuni anni il festival Dal Mississippi al Po, strutturato sin dalle sue origini sulla commistione di linguaggi contigui, musica e letteratura, una formula che anche quest’anno, alla diciassettesima edizione, prevede una nutrita serie di ospiti di diversa provenienza. Questa sera (domenica 18 luglio) era il turno di Carmine Mari e Daniele Biacchessi, di presentare i loro lavori, in dialogo con Seba Pezzani.

Ma veniamo alla protagonista musicale della serata, un’artista che abbiamo sempre seguito con grande interesse e simpatia che ritroviamo a due anni circa dal suo passaggio al Blues To Bop di Lugano, Leyla McCalla. Non è cambiata la band che l’accompagna, un trio di giovani musicisti con Shawn Myers alla batteria, Pete Olynciw al basso e contrabbasso e Dave Hammer alla chitarra. Bravi ad assecondarla in ogni piega della sua musica, sia nel tessere un sostrato ritmico costante e ricco di trame, sia nelle coloriture date da passaggi chitarristici misurati e di gusto. Il repertorio pesca inizialmente dal “Capitalist Blues”, con Leyla al banjo, ci gustiamo il ritmo sinuoso di “Money Is King” o la canzone titolo. Poi si siede al violoncello e riprende un trittico di brani dal suo disco d’esordio, in cui metteva in musica poesie di Langston Hughes, ristampato qualche mese fa dalla Smithsonian.

Leyla McCalla (Fiorenzuola d’Arda, 18 luglio 2021, foto Gianfranco Skala)

 

Scorrono quindi le volute malinconiche di “Girl”, “Heart Of Gold” e di un brioso pezzo tradizionale “Manman Mwen” della terra dei suoi genitori, Haiti, cui resta molto legata. Imbracciata la chitarra prosegue il concerto con l’elettricità febbrile di “Aleppo”, scritta per la città siriana martoriata da un decennio di guerra ma anche per momenti più lievi, come un pezzo zydeco, “Oh My Love”, “vi inviterei ad alzarvi e ballare se si potesse” scherza lei, “ma già essere qui a suonare è molto bello per noi”. La sua musica combina in modo personale e spontaneo, senza forzature la sua formazione classica, la passione per i suoni di Haiti e per la musica creola e speziata di New Orleans, sua città di residenza dal 2010.

Citiamo ancora un pezzo appreso dalle registrazioni del cantante haitiano Coupe Cloué, “Lavie Vie Neg” o una ballad quale “Mize Pa Dous”. Finale con un classico di New Orleans “Eh La Bas” che diventa via via “Iko Iko”, con battimani generale del pubblico, attento e partecipe, indubbiamente conquistato dallo charme di Leyla. Quasi senza accorgercene, è trascorsa poco più di un’ora e il set volge al termine, ma c’è ancora tempo per un brano, “A Day For The Hunter, A Day For The Prey”, che McCalla vuole dedicare “a chi ha perso la vita nell’ultimo anno e mezzo e a chi è sopravvissuto”.

Applausi meritati. Davvero una bella serata e conferma, se ve ne fosse bisogno, valore e singolarità del talento di Leyla McCalla.

Matteo Bossi

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