Piazza della Vittoria – Lodi, 15 e 27 luglio, 10 agosto 2018
Ce l’abbiamo fatta anche quest’anno e nella noia mortale che invita alla fuga, nella stagione che più di ogni altra rischia di affogare nella calura di un oceano padano, anche l’estate 2018 in Lodi ha avuto il suo Blues Festival. Ed è dentro alla rassegna che cerca di spezzare l’afosa immobilità della città del Sud Milano, la più tradizionale Lodi al Sole, che l’impegno di Gianni Ruggiero e Slang Music, con il sostegno del Comune di Lodi, riesce a far collocare allora un gradito ritorno del Lodi Blues Festival, in tre date tra la seconda metà di luglio e la prima di agosto, prima che fughe ferragostane trasformino isole lodigiane d’intorno in remote città fantasma.
Una decima edizione, della rassegna che ha avuto in passato, d’estate o d’inverno, ospiti come Corey Harris o Roy Young, Jerry Portnoy o i Nine Below Zero. In cartellone per gli eventi stavolta, tra le consuete pause lavorative oggi ormai in dirittura d’arrivo, già domenica 15 luglio il live d’apertura con il chitarrista americano Mike Zito, quindi una doppietta di venerdì con gli italianissimi Francesco Piu il 27 e la Treves Blues band sul finale, il 10 agosto. Ciascuna occasione senza dubbio attesa e egregiamente partecipata, tanto nel caso della prima data, un passaggio colto al volo nel panorama lodigiano, quanto per le altre due con ospiti non nuovi al nostro pubblico, e più confidenzialmente accolti.
Ma anche Zito entra presto in sintonia con la piazza nella sua serata, che lo vede sul palco con la sua band tutta texana, reduce dal suo ultimo First Class Life, anche il Lodi Blues in calendario a promozione del suo nuovo disco. E dopo la dipartita dai Royal Southern Brotherhood (Blues Music Award 2014) compagni d’avventura in questa cornice sono basso e batteria dei rispettivi Terry Dry e Matt Johnson, con James Pace al piano. Non nasconde neppure le sue origini siciliane il frontman statunitense, nel palesarsi compaesano a una platea che ne condivide progressivamente il coinvolgimento, abile intrattenimento di un blueseggiare che porta i segni dello stile del Lone Star state, “jamma” apertamente coi compari e scende tra la gente, su di una sedia circondata dall’eterogenea complicità, timida, delle persone che vogliono divertirsi una sera d’estate. Sorpresa infine, il fantastico intervento di Maurizio Glielmo, “Gnola” per gli amici, che già avevamo intravisto attento spettatore alla destra del palco. Uno spettacolo che decolla, due comprimari on stage e un palleggiarsi i ruoli nel supporto della band che rompe il ghiaccio e inaugura divertita i blues – show del capoluogo lombardo.
Ci sarà Piu, due settimane dopo, ormai noto protagonista dei blues festival nello stivale, e di ritorno sul nostro territorio che lo ha adottato ormai anni orsono, imparando a conoscerne l’autonoma articolazione musicale di one-man band così come la miscela elettro – acustica in trio, qui all’apice di un’indovinata formula, apprezzabilissima nel contesto aperto di questa nuova puntata in loco. Con Piu, le percussioni di Silvio Centamore e Giovanni Gaias alla batteria, il conterraneo “Nanni Groove” per Francesco, il cui slogan “peace & groove” è divenuto pure il penultimo disco, grande album di una progressiva maturità a contraddistinguerlo come presenza solare sul palco, coi brani più recenti come coi più classici cavalli di battaglia che ne fanno disinvolto mastro – cerimoniere in un climax ascendente, non solo nella sera in questione. Vertici di cui sopra l’evergreen Trouble So Hard o Hot Tamales They’re Red Hot di Robert Johnson, ma anche un omaggio al maestro Eric Bibb con Don’t Ever Let Nobody Drag Your Spirit Now o all’immancabile Dylan di You Gotta Serve Somebody. “Polistrumentismo” del terzetto e un indelebile sorriso aspettando di rivedersi, alla prossima in blues.
E sembra aver fatto scuola, lo stile one – man band di Piu, perché la serata che tocca al “Puma di Lambrate”, come ben si addice a chi fa blues in Italy da più di quarant’anni, sarà aperta da una giovane scoperta lodigiana “a tema”, tale Maurizio Fenini, discepolo sulle orme di cui sopra. Suo l’intervento in attesa della Treves Blues Band, e nella piazza il pubblico delle grandi occasioni. Ghiotta situazione quindi anche grazie all’ultimo venerdì prima del grande esodo estivo, il grosso di Lodi ancora in città magari per l’ultima sera prima delle ferie. In pasto alla folla allora lo stile grezzo e genuino del talent – boy di casa, apprezzato nelle sfumature di un sound più allargato alle radici del canzoniere americano, riferimenti Snooks Eaglin, John Hammond, Taj Mahal, Waits e Amos Lee; prossimo un debutto discografico.
Intanto sul palco però saliranno Gariazzo e soci, il power – trio del baffuto armonicista che in realtà, non si farà troppo attendere e la confidenziale standing – ovation da Lodi e dintorni è per lui. Azzarda, Fabio Treves, nel definire Lodi la Memphis della bassa, già due volte nel teatro cittadino, una volta in piazza San Francesco e protagonista di un Capodanno di alcuni anni fa. Ma la sua fama di incredibile affabulatore non si smentisce e con lui, il tempo sembra volare. “Non ne abbiamo tanto..” – afferma, come sempre “tra il serio ed il faceto”, sicché bando ai convenevoli dei gruppi che recitano di andarsene sui bis, e poi ritornano.
La Treves Band non si schioda e sciorina un rodatissimo spettacolo di grande passione e tecnicismo per Gariazzo – Dellepiane – Serra, chitarra – basso – batteria, il soffio di un’armonica che come un vento ritorna a più riprese sul palco e ruggisce ancora, da Heaven and Hell a Midnight Special dall’immarcescibile Stone Fox Chase ad un immancabile omaggio, la Lodi dei C.C.R.
Matteo Fratti
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