L’edizione di quest’anno del Soundtracks Festival, possiamo ben dire che è stata all’insegna della figura femminile. Di questo ne siamo contenti, anche perché da ognuna di loro sono arrivate proposte stilistiche diversificate. Ci preme ricordare che dietro a questo Festival ci sono state altre figure femminili, ad iniziare da Daniela Rossi, che assieme al marito Luciano Oggioni ha messo in piedi l’avvenimento dodici anni fa e, a seguire, sindache donna con delega o meno all’assessorato alla cultura delle varie cittadine dell’alto milanese che hanno voluto ospitare uno degli eventi in cartellone quest’anno.

Dopo l’ottimo concerto di Shakura S’Aida e l’affidabilità di Alessandra Cecala contrabbasso e voce, in duo con Mauro Ferrarese, ecco altre artiste che abbiamo voluto unire in un solo spazio, perché a loro è toccato di chiudere l’edizione di quest’anno con due concerti ravvicinati. Dopo che una delegazione de “Il Blues” l’ha vista e intervistata nel 2004 a Lucerna, ritroviamo con piacere al parco della Biblioteca di Busto Garolfo Nora Jean Bruso (il cognome è dell’ex marito ed ora vorrebbe che la si chiamasse come quando era signorina, Wallace), accompagnata dal sempre affidabile chitarrista Luca Giordano & band.

Foto di Matteo Bossi

Foto di Matteo Bossi

Ad aprire la serata, con standard e qualche autografo, è stato il trio Yellow Frogs, voce/piano, basso e batteria, per poi lasciare il palco a Luca Giordano che prima di introdurre Nora Jean, ha eseguito sempre con quel suo stile pulito, efficace, mai dispersivo e in continua sintonia con il feeling, uno   strumentale blues/soul e un rifacimento di un pezzo di Lonnie Brooks “Trading Post”.  Eccola ora la ex pupilla di Jimmy Dawkins e una delle rappresentanti del Chicago Blues, versione femminile, che prova a riempire il vuoto lasciato da Koko Taylor, ma per Nora Jean non si intravede ancora quella possibilità. Il concerto cui abbiamo assistito insieme ad un numeroso pubblico, non ha del tutto convinto come forse ci aspettavamo. Ha mostrato sì tratti di potenzialità vocale, ma a volte è risultato monocorde e come affaticato nella ricerca di una personalità, sotto i colpi di rimandi stilistici a Koko Taylor e Etta James. Anche con il gruppo di accompagnamento c’era poca intesa, con il solo infaticabile Luca Giordano che ha fatto il cosiddetto “lavoro sporco”, sempre attento ad ogni battito di ciglia di Nora Jean, e a quando e quanto doveva intervenire con gli assolo di chitarra. Dai suoi unici al momento due dischi, ha ripreso la title track “Going Back To Mississippi” e la soul ballad “Members Only” da “Sings The Blues”. E’ purtroppo scivolata su il rifacimento di “At Last”, è andata meglio con “I Am The Blues” (Willie Dixon), con “It’s Over” (se non andiamo errati ispirata all’ex marito), si è lanciata in un momento di canto rap ed ha convinto appieno con l’ultimo pezzo “Gravity” (di John Mayer), dove Nora Jean ha amalgamato il fervore gospel con la ritrovata forza del Chicago Blues.

Foto di Matteo Bossi

Foto di Matteo Bossi

Giusto una settimana dopo, all’Auditorium di Cerro Maggiore, la parte femminile di quell’Italia musicale più caratterizzata da accenti di musica neroamericana, si è presa la sua rivincita con il concerto di Sara Zaccarelli & Rita Girelli Band. Due donne dai ruoli distinti, la prima in quello di leader al canto e chitarra acustica e la seconda un’ottima bassista. A completare il combo, ci sono il chitarrista Aldo Betto e il batterista Matteo Monti. Un quartetto dunque che cammina su territori del blues, del soul, del rock’n’ roll e che ha prodotto uno show di impatto dove musica e coinvolgimento del pubblico sono stati un mix di successo. La Zaccarelli ha una personalità vocale e scenografica di spessore, ha delle coloriture tonali che le permettono di spaziare in qualsiasi direzione arrivando ad imitare anche il suono di una cornetta con le mani a coppa che apriva e chiudeva. E’ stato un concerto variegato e basato principalmente su un repertorio di standard della musica neroamericana, personalizzati con il contributo dei suoi comprimari. Fra i tanti ci ha fatto piacere la ripresa di alcune cover non inflazionate (perlomeno in Italia) come, “I Pity The Fool”, “Shake A Hand”, “Son Of A Preacher Man” e “Love The One You’re With” (di Stephen Stills) e già ascoltata da Aretha Franklin o dagli Isley Brothers . Soul in primis, con pezzi di Sam Cooke e Etta James (“I’d Rather Go Blind”), ma anche del blues, del rock’n’roll, del funky e del reggae per un appello alla pace fra Toots & The Maytals e Bob Marley, questo e ancora altro per una serata scoppiettante.

                                                                                                        Matteo Bossi   Silvano Brambilla  

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