Prima di essere un chitarrista, David Lowy è un imprenditore nel ramo immobiliare e un aviatore, il cui nome è piuttosto noto nella nativa Australia: la sua carriera musicale ha una svolta nel 2012 quando fonda The Dead Daisies, una hard rock band che nel corso degli anni annovererà musicisti di fama notevole. Con l’ultimo album “Lookin’ For Trouble” il quintetto offre una sorta di celebrazione della tradizione blues, permeata dall’energia che li contraddistingue: questa scelta non è solo un tributo alle radici, ma dimostra anche la loro capacità di reinterpretare i classici con nuova vitalità. Fin dall’apertura con “I’m Ready” di Willie Dixon, è chiaro che The Dead Daisies non si accontentano di una semplice replica degli standard blues, dato che la loro versione esplode con riff potenti e ritmi incalzanti: è un approccio che prosegue con “Going Down” di Freddie King e “Boom Boom” di John Lee Hooker, nel quale la cadenza del pezzo e il lavoro dell’armonica creano un’atmosfera che cattura l’essenza del blues dal vivo. La band si distingue per la sua reinterpretazione, talvolta audace, di brani familiari: “Black Betty” piuttosto che “Walking the Dog” si allontanano dalle cover convenzionali, aggiungendo un tocco personale per un risultato sempre coinvolgente: anche quando affrontano standard universalmente riconosciuti come “Sweet Home Chicago” i Dead Daisies infondono la loro energia e la passione che unisce tradizione e modernità.
Se tutto il gruppo appare particolarmente coeso, una sottolineatura merita sicuramente John Corabi: la sua voce cattura la profondità emotiva di questi capisaldi del blues, pur mantenendo lo spirito che caratterizza la band: la sua interpretazione di “The Thrill Is Gone” di B.B. King è uno dei vertici del CD, con un perfetto bilanciamento con gli interventi della chitarra solista di Doug Aldrich. Non manca l’omaggio al “terzo re” con la celeberrima “Born Under a Bad Sign” di Albert King, prima di offrire un altro capolavoro come “Crossroads” di Robert Johnson, che la formazione caratterizza con grande passione e personalità attraverso i suoi assoli brucianti. L’omaggio al passato leggendario del blues viene completato con la conclusiva “Little Red Rooster” di Howlin’ Wolf, nuovamente caratterizzato dall’armonica e fatto proprio dalla band. Con una decina di brani iconici The Dead Daisies offrono una rivisitazione dei classici del blues, talora coraggiosa ma che non snatura mai lo spirito originario, orientandolo semmai verso il rock di matrice hard che li caratterizza: ogni interpretazione è grintosa e proposta con autenticità, confermando ancora una volta come sia possibile unire il blues tradizionale al rock moderno.
Luca Zaninello
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