In correlazione al cofanetto “Playing For The Man At The Door” ecco il libro su Robert Johnson (1911-1938) scritto da Mack McCormick (1930-2015),  “Biography of a Phantom – A Robert Johnson Blues Odyssey” (Smithsonian Books). Si unisce ad altre due recenti pubblicazioni sullo stesso bluesman, “Up Jumped the Devil: The Real Life of Robert Johnson” di Bruce Conforth e Gayle Dean Wardlow (Chicago Press Review, 2019) e “Brother Robert: Growing Up with Robert Johnson” di Annye C. Anderson e Preston Lauterbach (Hachette Books, 2020). Perché l’ennesimo libro su Robert Johnson, vi chiederete? L’inizio di una risposta può essere trovato nell’acquisizione da parte della Smithsonian Institution nel 2019 dell’enorme collezione di McCormick, ricercatore e scrittore specializzato in blues residente a Houston. Quest’ultimo chiamò la sua collezione “Il Mostro” per la sua impressionante mole di fascicoli e manoscritti, foto e nastri magnetici di registrazioni e interviste sul campo.

Sotto la guida dello storico della Smithsonian John Troutman e di Jeff Place, curatore senior e archivista delle collezioni folkloriche presso lo Smithsonian Center for Folklife and Cultural Heritage, gli archivisti hanno svolto un lavoro notevole di raccolta, elaborazione dei dati e analisi accurata. Il libro e il cofanetto ne sono il frutto. È noto che il “virus del blues” ha colpito McCormick in giovanissima età mentre lavorava ad una radio e che è diventato un ricercatore musicale a sedici anni e un corrispondente per Down Beat (rivista musicale di New Orleans) a diciotto. L’anno successivo è stato condannato e imprigionato per falsificazione, ma è stato in grado di continuare il suo lavoro dietro le sbarre. Il suo reinserimento è stato ostacolato da una malattia mentale e, dopo una serie di lavori saltuari, tra cui come lavapiatti, ha iniziato a lavorare come tassista, il che gli ha permesso di perseguire il suo hobby di recuperare dischi a 78 giri.

McCormick lanciò le carriere di Lightnin’ Hopkins e Mance Lipscomb, produsse una serie di album e scrisse le note di copertina per un LP intitolato “Ragtime Texas” di Henry “Ragtime” Thomas (Herwin 209). I suoi problemi di salute mentale derivanti dalla sua paranoia acuta e da un disturbo bipolare hanno avuto un impatto negativo sul suo lavoro di ricerca. Il suo magistrale lavoro su “The Blues Come to Texas” abbozzato nel 1959 con Paul Oliver è stato pubblicato solo nel 2019,  sessanta anni dopo! In “The Biography Of A Phantom: A Robert Johnson Blues Odissey” confluisce la ricerca di Mack McCormick, dalla fine degli anni ’60 fino alla sua morte nel 2015, per scoprire la storia della vita di Robert Johnson.

McCormick ha trascorso decenni a ricostruire la misteriosa vita di Johnson, elaborando teorie sulla sua morte prematura all’età di 27 anni, ma non ha mai reso pubbliche le sue scoperte. Oggi, la biografia di Johnson scritta da McCormick è stata ricostruita da John Troutman a partire dalle prime bozze del per comprendere meglio i trucchi e le sottigliezze (manipolazioni?) che ha usato sul campo. Possiamo parlare di un vero e proprio romanzo poliziesco ispirato a “A sangue freddo” di Truman Capote, perché McCormick scriveva come un thriller a chiave. Ha avuto l’occhio di un detective privato per romanzare e strutturare la messa in scena in modo notevole. La penna è attenta. La narrazione superbamente scritta porta il lettore da Friars Point, Mississippi all’Arkansas. Attraverso le sue peregrinazioni e i suoi incontri, salirà a nord del Delta, a Robinsonville, seguendo la logica del percorso di Robert Johnson che si ritrova nelle sue canzoni.

Nel capitolo intitolato “Greenwood”, McCormick si sofferma sugli ultimi giorni e sull’avvelenamento di Robert Johnson. Scopriamo un racconto mozzafiato e struggente della fine della sua vita e di tutto ciò che lo circondava. I dialoghi di McCormick con coloro che hanno conosciuto Robert Johnson nella vita reale sono vividi e talvolta improbabili. Detto questo, a volte bisogna “resistere” dal seguire la logica sconcertante di McCormick, che porta (volontariamente) a false piste e bufale che avrebbero dovuto individuare gli “usurpatori” che avrebbero usato la sua ricerca. Inoltre, non possiamo ignorare le molte zone d’ombra del personaggio che vengono raccontate da John Troutman nell’introduzione e nella postfazione e che mettono in luce la personalità irregolare di McCormick. In particolare, il libro non contiene le informazioni e i documenti che McCormick ha ottenuto dalle sorelle di Johnson, Carrie Thompson e Bessie Hines, inclusa la “quarta” fotografia di Johnson che Peter Guralnick ha detto di aver visto in possesso di McCormick.

Si comprende meglio come mai lo Smithsonian abbia assunto una lodevole e legittima posizione “etica”. Insomma, McCormick non mantenne il contratto che aveva firmato con le sorelle: la pubblicazione del suo libro aveva lo scopo di contribuire a identificarle  come eredi legittime e assicurare loro i diritti d’autore. Il libro non fu pubblicato, così in seguito firmarono un altro contratto con Steve LaVere, e le inutili proteste di McCormick contribuirono a ritardare la pubblicazione di “The Complete Recordings” fino al 1990.

Mack McCormick © Smithsonian Institution

Ci sono molti altri fatti che meritano attenzione. Il libro si basa su manoscritti risalenti agli anni ’70, ed è corroborato dalle foto dei luoghi immortalati negli anni ’70, non all’epoca in cui visse Robert Johnson. Non ci sono foto d’epoca rare o inedite, ad eccezione di una riproduzione del certificato di morte di Robert Johnson, che in realtà è stato trovato da Gayle Dean Wardlow ma che McCormick non cita. Anche Steve LaVere e Larry Cohn non hanno incontrato il favore di McCormick. Ci si può fare un’opinione sulla natura della controversia esistente leggendo l’articolo di John Tefteller su Facebook, autore di un vero e proprio pamphlet riguardo McCormick, che egli descrive come malato di mente e bugiardo… Con l’articolo “Hellhounds and Phantoms“, pubblicato invece sul sito “Salvation South”, Don McLeese, giornalista e docente universitario, si spinge oltre: “La pubblicazione postuma del libro, che lo stesso autore ha insistito a non pubblicare mai, ci dà l’opportunità di riflettere su due strane eredità: non solo quella di Robert Johnson, ma anche quella di Mack McCormick”.

Infine, citiamo un ultimo articolo, quale omaggio postumo,  redatto dal giornalista e musicista Michael Hall, “Hellhounds on His Trail: Mack McCormick’s Long, Tortured Quest to Find the Real Robert Johnson“, disponibile sul sito del Texas Monthly. Queste poche cronache contraddittorie permettono di documentare l’appassionato dibattito su un tema delicato e ancora di attualità. A riprova di ciò,  McCormick ha perentoriamente affermato che il suo libro non era finito dato che dubitava di aver trovato il “vero” Johnson. L’ennesima trovata da parte di McCormick per confondere le acque considerata la mancata pubblicazione del libro? Non lo sapremo mai. In ogni caso, si tratta di un libro essenziale per seguire le orme accattivanti e misteriose dell'”immortale” Robert Johnson.

Philippe Prétet

 


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