john lee hooker

Creata nel 1928, lo Standard School Broadcast era un programma educativo innovativo, patrocinato dalla Standard Oil (Esso poi divenuta Exxon). Con l’obiettivo di far conoscere a musica e cultura americana, la serie veniva diffusa nelle scuole dell’ovest americano tramite la rete NBC e si era specializzata nella creazione di dischi in vinile pensati per l’utilizzo in classe. Nel contesto di una delle sue numerose esplorazioni tra i generi musicali, il programma aveva invitato John Lee Hooker (1917-2001) a presentare il suo stile blues, dando luogo ad una session in studio nel 1973 al Coast Recorders di San Francisco, California. Come al solito, all’ascolto della sua sterminata discografica, si riconosce immediatamente la versione intimista, ombrosa, diretta e downhome del blues interpretato da John Lee Hooker, una delle figure più emblematiche della storia del blues. La sua musica affonda le sue radici nel blues rurale del Mississippi e si caratterizza per un approccio primordiale, pieno di groove. La sua voce profonda e impregnata di un forte vibrato, animava un  cantato drammatico e intenso, mentre la chitarra costruiva riff vigorosi su un ritmo ossessivo, sottolineato dal battito del piede a terra. Qui, cambio di scenario, la session vedeva Hooker in elettrico, in un momento di transizione della sua carriera, accompagnato da una sezione ritmica, il bassista Geno Skaggs e il batterista Ken Swank oltre a suo figlio Robert al piano. La musica è registrata in diretta, senza sovraincisioni, editing o missaggi significativi. Se, per la prima edizione circolata ci si era dovuti accontentare di estratti di canzoni e una breve intervista, (il CD “Hard Times”- Carlton Sounds 1997), questa edizione presenta l’integralità delle registrazioni, sapientemente rimasterizzata, con note di coperta più dettagliate redatte da Charles Shaar Murray, eminente specialista di Hooker.

The Standard School Broadcast Recordings” propone otto brani per una durata di circa un’ora, nelle versioni CD o digitali, mentre nel vinile due canzoni sono omesse. Una delle due, “Coast Recorders Jam-Instrumental” (probabilmente “Hooker Shuffle” rinominato), è appunto una jam di cui si può anche fare a meno, l’altro è invece indispensabile, si tratta infatti di una rivisitazione di uno dei suoi primi brani, “Sally Mae”, che risale al 1948, la sola dell’album in cui Hooker non è accompagnato, mettendo in avanti la sua chitarra mentre rimprovera una donna poco affidabile che è “ubriaca tutto il tempo”. All’ascolto di quest’opera, l’impronta di JLH è percepibile, “Bad Boy” è ipnotica, “Hard Times” è una rilettura di “No Shoes” o una sorta di suo prolungamento naturale. “Rock With Me” possiede un groove contagioso e una linea di basso metronomica che ne trascende lo spirito. “Should Have Been Gone” è un flash back su un classico di Hooker, conosciuto col titolo di “I’m Leaving”. “I Hate The Day I Was Born” è una versione scura e disperata da cui emerge, come per magia, il piano arioso di Robert, in completa osmosi col suono paterno in tutta la session. I famosi tempi irregolari che sconcertavano i musicisti ai suoi inizi sono qui largamente assenti, permettendo a Gino Skaggs (basso) e Ken Swank (batteria), di apportare un contributo discreto, con il piano fluido di Robert a riempire, quanto a lui, gli spazi tra i lick di chitarra spezzati. “When My First Wife Left/Hobo Blues” è una sorta di catarsi, con un rimando alle complicate vicissitudini familiari. In conclusione, questa session del 1973 contiene diversi tesori di un John Lee Hooker profondo e commovente in quel che ha di più grezzo, vulnerabile, trascendente, un guaritore resistente, che si cura lui stesso grazie al potere del blues. Vivamente raccomandato.

Philippe Prétet


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