Per il ritorno dei Nine Below Zero a Milano, in data 26/11/ 2017, ci ha pensato l’armonicista e “padrone di casa” delle serate blues allo Spirit De Milan, Antonello Abbattista. Miglior posto non poteva esserci. E’ diventato molto ambito e frequentato per eventi dal vivo ed è collocato dentro le mura di un affascinante sito post industriale dove si fabbricavano manufatti  di cristalleria. Un ex luogo di lavoro, dunque operai, manodopera, sudore, situazioni queste da dove è scaturito il Blues Revival Inglese negli anni sessanta, da ragazzi perlopiù facente parte del proletariato e invaghiti del blues e r&b neroamericano.

Foto di Adriano Siberna

I due leader storici e ancora a capo del gruppo, il chitarrista/cantante Dennis Greaves  e l’armonicista/cantante Mark Feltham, arrivano da una zona popolare a sud di Londra e hanno formato il gruppo in piena era punk, 1977, ma ad una musica disorganica hanno preferito il blues di Chicago, John Mayall e Sonny Boy Williamson II, da un blues di quest’ultimo hanno preso il nome del gruppo. Insieme al “supergruppo” chiamato The Blues Band di Dave Kelly, Paul Jones, Hughie Flint ecc, i Nine Below Zero, nei primi anni ottanta, hanno rinnovato l’interesse per il British Blues e il loro disco d’esordio “Live At The Marquee” è entrato negli annali della storia del blues bianco. Dopo alcuni scioglimenti e ricomposizioni e diverse apparizioni in Italia, ora si sono assestati in un combo di otto elementi, con l’aggiunta di fiati, tastiere e seconda voce femminile.

Foto di Adriano Siberna

A dare il via alla serata è stato il quartetto The Hipshakers del suddetto Antonello Abbattista con, fra gli altri, il chitarrista Fabio Marza. La loro non è stata l’esibizione “in attesa di….” Perché, pur essendo una formazione di recente costituzione e dunque ancora nella fase di promozione, non si sono fatti prendere la mano dai consumati standard del blues. Cover sì, ma eccetto “I Wish You Would” di Billy Boy Arnold, altre non sono note a tutti e alcune prese dal repertorio di Slim Harpo, Linwood Slim e Mel London. E’ un quartetto dalla sobria esposizione stilistica, niente assoli autocelebrativi, piuttosto una ricerca di compattezza e di un contenuto che vuole unire il passato con il presente. Cambio di scena nel vero senso del termine, sia strutturale che stilistico, ed ecco i funambolici Nine Below Zero.

Foto di Adriano Siberna

Si sono presentati alla fine del loro tour europeo, non stanchi, ma ancora belli carichi e propensi a scaricare sul pubblico il loro marchio di fabbrica originale, ovvero un blues elettrico pungente, grezzo e diretto, a cui hanno dato ulteriore vigore con bordate di r&b e rock’n’roll. Niente di nuovo, è vero, sono le strutture musicali con le quali sono cresciuti e ne hanno fatto una professione i due leader storici, Dennis Greaves e Mark Feltham, ma su una forzatura revivalistica ha vinto la spontaneità e una voglia di divertirsi e divertire. Qualche sbavatura qua e là non ha compromesso la riproposizione di “Hootchie Cootchie Coo” e “Homework” da Live At The Marquee, “Don’t Point Your Finger” dall’omonimo disco, e poi alcune cover come una scatenata versione di “Got My Mojo Working”, “Don’t Play That Song” dal loro ultimo disco 13 Shades Of Blue e “Stormy Monday Blues”, cantate senza infamia né lode dall’unica presenza femminile, Charlie Austen. Il bis ha poi portato la gente sotto il palco a ballare appena è partito l’attacco di “Wooly Bully”.

 

Silvano Brambilla     

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