Polvere di Stelle – Rubrica
Riprendiamo dal passato una rubrica nata quando Il Blues era una rivista cartacea (stiamo parlando di prima del 2012, quasi preistoria direbbero alcuni) che si era data come obiettivo quello di parlare in maniera “leggera” dei nuovi arrivi che, per svariati motivi a cui sicuramente si aggiunge anche la mancanza di tempo, non riescono ad avere uno spazio a se stante nelle recensioni, ma meritano di essere segnalati.
Questo è il nostro intento, e continueremo a segnalarvi tutto ciò che in qualche modo arriva alle nostre orecchie, grazie alle case discografiche, ai musicisti ma anche agli amici e conoscenti che hanno apprezzato il lavoro svolto in tutti questi anni e continuano ad avere fiducia nelle nostre capacità e nella nostra imparzialità.
Mike Andersen – All Out Of Love

Classe 1977, proveniente dalla lontana Danimarca, Mike Andersen ha un passato musicale inziato in giovane età, 12 anni, imbracciando la chitarra per suonare blues, soul e R&B, e continuato a 22 con la sua band ed il debutto “My Love For The Blues”. Questo suo decimo lavoro, totalmente composto da brani originali, uscito a Settembre 2025, è un viaggio sonoro che accarezza la musica afroamericana spaziando anche verso altri lidi, una riflessione intima e personale scaturita da situazioni di vita attraversate non senza qualche conseguenza. Ne scaturisce un clima rilassante e malinconicamente sereno, da assaporare vicino al camino d’inverno, per fermarsi un poco a riflettere, zenza fretta. Intrigante
Jacopo Pausa – I Am What I Am

Partiamo subito con “Rap’n’ Blues” per questo giovane (ebbene sì ce ne sono e anche tanti che suonano blues) che mescola le dodici battute con il rap, con tanto di intermezzo scratch, portandoci in un mondo sicuramente più attuale del solito “I Woke Up This Morning”, passando dal rivendicare la propria identità della title track, ad un bisogno che prima o poi tutti sentiamo, ovvero quello del “Digital Detox”. Si sfocia persino nelle influenze ska con “No Regrets”, o il lento “Fri-Ends” che allude all’amicizia e a quelle che a volte finiscono, con una chitarra influenzata da un tale Mark Knopfler. Graffiante in “4Mean2” omaggio alle proprie origini bresciane, testimoniate dall’intermezzo in dialetto e dal gioco di parole con l’inglese (quanto erano buone le spighe di granoturco abbrustolite?), che ritorna con “Sam Parchock” che ricorda quanto in quelle zone si possa essere dipendenti dall’alcool. Il regge fa giustamente capolino per “We Just Wanna Get High”, ed il saluto acustico ad un amico che se ne è andato e ormai vola alto chiude il disco con “Fly High”. Personale, mai banale nei testi, musicalmente dotato, Jacopo meriterebbe più visibilità nel nostro belpaese, e come lui tanti altri, anche se un processo del genere richederebbe un cambio di mentalità paragonabile forse a quello che fu necessario per accettare il passaggio dal country blues al blues elettrico. Ma il tempo non si ferma mai, meglio adeguarsi ai cambiamenti prima di diventare polverosi soprammobili…
Jesse Dayton – The Hard Way Blues

Uscito questo disco a Maggio del 2024, ci rivela, se ce ne fosse bisogno, ancora di più quanto questo artista sia, come si legge sul sito ufficiale, non solo un “unsung hero of modern-day American music”, ma un musicista eclettico e prolifico, a partire dalla scatenata “The Hard Way” fino alla romantica “Angel In My Pocket”, modulando con maestria sia il livello dei decibel che la velocità con cui scorrono le dita sulle corde della chitarra. Dopo l’esordio (nel mondo più dedito al blues) con Samantha Fish nel 2023 con il bellissimo lavoro “Death Wish”, seppure la sua carriera, cresciuto con la musica di tipi come Hank Williams, veda collaborazioni con Willie Nelson, Waylon Jennings e Johnny Cash, nonché sia anche autore delle musiche di diversi film di Rob Zombie, sembra dichiarare tutto il suo amore per le dodici battute con questo lavoro interamente a suo nome. Passa con facilità dall’elettrico all’acustico in piccole perle come “Night Brain”, o accarezza il country con “Ballad Of Boyd Elder”, brano di ampio respiro che sfocia in una classica ballata americana, mentre ascoltando ad occhi chiusi “Esther Pearl” sembra quasi di essere tornati ai tempi degli Animals di Eric Burdon. Consigliatissimo!
Info: https://www.jessedayton.com/










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