Passeggiando per il piccolo centro storico toscano, c’è chi definisce Torrita come il salotto del blues di “casa nostra”, noi preferiamo paragonarlo ad una specie di cucina, ambiente molto più accogliente e familiare, ricco di profumi e sapori, luogo di ritrovo tra una chiacchiera e una buona pietanza. Si; ci piace immaginarlo così, questo piccolo miracolo italiano che da circa trent’anni è tappa irrinunciabile per i blues fan italiani e non solo.

Il paragone diventa ancora più tangibile se poi si rapporta alla tradizionale cena blues, che come ormai accade da qualche anno anche in questo 2017 ha aperto i tre giorni del festival. Una serata che con i suoi oltre 300 pasti preparati si è trasformata in un successo come non era mai avvenuto nelle passate edizioni, destinando in parte il ricavato della serata alla popolazione di Amatrice.

Foto di Simone Bargelli

Hot Shanks Blues Band, Bluesy Mood Band, Relic Blues Band, scelti dalla vetrina di Effetto Blues, sono stati gli appropriati esecutori di una godibile e apprezzata colonna sonora. Continua quindi con fermezza la giusta idea di dare una visibilità cospicua e reale alle band italiane scelte tra le tante che nel periodo invernale s’iscrivono a questa specie di contest voluto dallo staff del Torrita. L’apertura della serata di venerdì 30 giugno é affidata alla band locale The Big Blue House, sempre provenienti da Effetto Blues, mentre la potente voce di Linda Valori da il via al programma degli artisti più noti. Il pubblico italiano è un pubblico un po’ pigro si sa, e se poi ci si mette la pioggia nel pomeriggio, meglio stare al caldo in poltrona! Forse la serata avrebbe meritato una presenza maggiore. Band come sempre formata da musicisti di spessore, dove oltre al chitarrismo del bravo Maurizio Pugno, emerge il sostegno ritmico del rigoroso Giuliano Bei.  Non è la prima volta che assistiamo a un set di Linda, uno stile il suo che alterna passaggi soul e rhythm blues, quelli contenuti soprattutto nell’album “Days Like This”, a momenti più Bluesy come in The Lion’s Den, scritta dallo stesso Pugno.

Foto di Simone Bargelli

Sono le ballate però, il punto forte di Linda, dove la sua dinamicità ed estensione vocale le permettono di fare giochi che catturano ed emozionano il pubblico; anche se scelte come Nights in White Satin di Justin Hayward dei Moody Blues e Hallelujah di Leonard Cohen appaiono troppo “ammiccanti”; Indiscutibile è comunque la qualità del progetto proposto. Un approccio completamente diverso quello di Mike Zito (concedeteci l’aggettivo) un po’ più scafato, per un musicista che sorprende per qualità strumentale ma soprattutto per la sua affabilità e semplicità di uomo; “Leave Your Ego, Play The Music, Love The People” questa la scritta tatuata nel suo avambraccio. Mike non si risparmia né sul palco né nel post-concerto presentandosi in trio, attraverso un sound robusto e fortemente collegato ai canoni più classici del rock; un rock che con le sue evoluzioni sfocia spesso in atmosfere vicino all’hard. Pochi fronzoli, pedali spinti “sull’acceleratore” e tanta sostanza in un repertorio che attinge soprattutto dal suo ultimo Make Blues No War. L’aggressiva Redbird e la stessa title-track sono il perfetto riassunto di questa parte di concerto prima di ricordare anche i suoi passati con i Royal Southern Brotherhood nella bellissima e intensa Pearl River scritta insieme a Cyrill Neville, per poi attingere nuovamente al suo repertorio da solista con la tirata Judgment Day. La band è di quelle che lasciano poco al caso e la naturale intesa di Terry Dry al basso e Matthew Johnson alla batteria è quanto di meglio si potesse sperare. Performance adatta a tutti gli amanti della chitarra elettrica più rock anche quando sul palco sale il giovane figlio di Mike, Zach con il quale interpreta Highway Mama. 

Foto di Simone Bargelli

La lunga notte di Sabato 1 Luglio parte con i genovesi Grace’s 40 Shades Of Blues, (ancora da Effetto Blues) dove non passa inosservata la scenografica presenza di Grazia Quaranta alla voce, mentre dopo tanta elettricità e pedaliere varie è finalmente arrivato il momento dell’acustico con il duo Larry Garner e Michael Van Merwyk. Si parla tanto ai giorni nostri di integrazione e di come poter rendere possibile un passaggio così complesso per la società attuale; nel suo piccolo il set di Larry e Michael ci ricorda come la forza della musica possa trasformarsi in quel linguaggio di unione che anche grandi della terra ricercano senza grossi risultati. La Louisiana incontra la Germania, due culture agli opposti che però, attraverso la magia della musica, formano un connubio forte e armonioso dove le distanze e le differenze si trasformano in stimolo ed energia per entrambi. Un set che lega la dolcezza e malinconia delle ballate alla schiettezza e genuinità del blues più down-home regalando momenti di pura ilarità grazie alla sagacia di Garner e atmosfere di intensa eleganza nella dinamicità del suono di Merwyk e nella sua profondità vocale.  Jook Joint Woman, The Bear, Ease my Pain, Road Of Life, sono alcuni dei piccoli gioielli che hanno incantato il pubblico di Torrita, in questa serata accorso numeroso. Il momento tanto atteso e più volte annunciato anche da Sergio Mancinelli di Radio Capital presente per l’occasione è finalmente arrivato. Doyle Bramhall II, accompagnato da tre formidabili polistrumentisti Adam Minkoff chitarra e tastiere, Ted Pecchio basso e Anthony Cole batteria e sax, sale sul palco di Torrita.  Definire la musica del geniale Doyle, così come il suo set, non è semplice.

Foto di Simone Bargelli

L’alternanza di elementi blues ad atmosfere rock che sfociano spesso nella psichedelica per poi passare improvvisamente alla fusion più ostentata, riassume tutta la complessità del suo stile, ma soprattutto la volontà di volersi distinguere dalla massa. Sono eccezionali le sue capacità di chitarrista ma forse la cosa che maggiormente colpisce è la sua creatività d’autore. La performance toscana è un continuo viaggiare tra melodie, colorate dal soul della sua voce e interminabili passaggi strumentali dove poter “distruggere” e ricreare il sound con il quale il quarantanovenne texano era partito. Circa due ore di concerto dove chi si aspettava il texas blues più canonico sarà certo rimasto deluso, chi invece aspettava qualcosa di inusuale sarà tornato a casa entusiasta. Tanti brani dal suo recente Richman, molti dei quali volutamente trasformati nell’assetto live, The Veil, Keep You Dreamin, Mama Can’t Help You, un’unica cover Lovin’ You di Johnny Guitar Watson e un bis con Green Light Girl. Una serata che sarà certo ricordata nella storia della kermesse per l’unicità di quest’artista e per la sua proposta così atipica.
Si chiudono le porte anche per questa edizione del festival, edizione che come sempre ha saputo accontentare e mostrare gli aspetti più vari della contemporanea scena blues, garantendo qualità ma soprattutto quell’immancabile accoglienza tipica di chi fa le cose con passione e professionalità. Al prossimo anno quando il Torrita Blues compirà trent’anni.

Simone Bargelli

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