Due date al Fabrique di Milano per Harper e Musselwhite, sulla scia del recentissimo secondo disco insieme, “No Mercy In This Land”. Abbiamo assistito al primo concerto, lunedì 23 aprile e i due non hanno deluso le aspettative, né dei fan di Ben Harper che magari conoscevano poco Musselwhite, probabilmente la maggior parte, né degli appassionati di blues e dintorni, venuti per scoprire dal vivo questa coppia di artisti.

Foto di Davide Grandi

Come su disco li accompagnano Jimmy Paxson, Jesse Ingall, solida sezione ritmica e Jason Mozersky, alla seconda chitarra che fa il suo senza eccessi. Si parte a spron battuto con “When I Go”, di bell’impatto e “Bad Habits”, poi spazio al primo brano cantato da Charlie, uno dei suoi classici, “Blues Overtook Me” e il gruppo si rinsalda, guidata col suo fare amabile e sornione dall’uomo di Kosciusko, Mississippi. Poi “Ride At Dawn” e una carica “I Don’t Believe A Word You Say”, dedicata da Harper “al prossimo ex-presidente americano”, senza possibili fraintendimenti. Il set è vario e si passa da una ballad, con Harper al piano, “Nothing At All”, all’acustica “Trust You To Dig My Grave”. Harper cambia qualche chitarra, spunta sovente anche la weissenborn, suo strumento d’elezione sin dagli esordi, sembra del tutto coinvolto nel progetto, tanto è vero che il repertorio esclude ripescaggi dai suoi dischi. Charlie continua a dipingere arabeschi con l’armonica ed anche al canto, declamatorio e tonante trasmette tutto il suo vissuto, è il caso di “I’m Going Home”, poco noto episodio di Prince Conley sovente ripreso nei suoi concerti, dall’andamento sinuoso alla “Lucky Lou /All Your Love”. Una seconda ballata, “When Love Is Not Enough”, chiude la prima parte del concerto, ma i nostri tornano prontamente sul palco per una generosa appendice.

Foto di Davide Grandi

Subito una “When The Levee Breaks” di diretta emanazione zeppeliniana, la canzone titolo, unico duetto vocale tra i due e uno degli episodi migliori. Poi ancora Charlie, “Long Legged Woman”, spiritosa e la virata hard blues col recupero di “Yer Blues” (Beatles), prima di chiudere in dolcezza, “All That Matters Now”, affidata alla voce di Ben, evocativa anche senza microfono e al lirismo dell’armonica di Charlie. Bella serata e la sincerità della sintonia tra i due è confermata dai sorrisi di Charlie,  che ne siamo sicuri ha conquistato nuovi ammiratori; citiamo in questo senso il commento alla fine di un’amica, “i pezzi di Charlie sono stati tra quelli ce ho preferito”.

 

 

Matteo Bossi

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