D.K. Harrell Talkin' Heavy cover album

Chiunque pochi anni fa, spulciando i video sui canali a disposizione, si sara’ chiesto chi fosse questo giovanottone della Louisiana, D.K. Harrell appunto, che si ispirava a B.B. King e ad Albert King senza aver chiesto il permesso a nessuno.

E malgrado la qualità spesso pessima dei filmati girati da volonterosi amanti del Blues, s’intravedeva qualcosa di buono, un progetto promettente. Problema: D.K. e’ nato
nel 1998, quindi oggi ha 27 anni, un enfant prodige, un neonato rispetto agli standard del Blues dove, nel migliore dei casi, si raggiunge una certa notorietà intorno ai 40 anni.

Pensate a Lurrie Bell, Toronzo Cannon, Selwyn Birchwood, Mr.Sipp, grossi calibri della chitarra Blues, solo per citarne alcuni che fanno Blues e non Rock’n’Blues.

Invece D.K. è maturato rapidamente, sbarcare in Europa, ingaggiato per suonare nei migliori festival continentali, lo ha subitamente incoronato nuovo re del Blues contemporaneo.

La sua corona è questo Talkin’ Heavy (Alligator), suo secondo album, dopo The Right Man. Se non siamo vicini al miracolo, all’eccezione, poco ci manca.

Prendete l’iniziale “A Little Taste”, midtempo devastante con una chitarra semplicemente fantastica, ben contrastata dall’organo di Jim Pugh. “Grown Now” segue in scia con la sezione ritmica un filo funky, D.K. tagliente nell’assolo, e il testo tra l’ironico e il reale. L’omonima “Talkin’ Heavy” e’ un grido di dolore sulla situazione tragica di alcune societa’ con una grande interpretazione vocale, sempre affiancata da assoli esplosivi. “PTLD” – Post Traumatic Love Disorder – aggiunge un tocco di
Rhythm and Blues, mentre “Life’s Lessons” è la tipica canzone del crooner con un crescendo epico sottolineato dai fiati. “Good Man” e “Vibe “ith Me” sono due pezzi nella miglior tradizione di B.B. King.

“Into the Room”, sento quasi il cuore scoppiarmi nel petto, la stanza e’ piena di gente ma io voglio solo te, ha un gusto quasi sud-americano con un ritmo bollente sul quale D.K. Harrell cuce voce e chitarra.

“No Thanks To You” è piu’ intimista, con un accompagnamento di archi, un pezzo Soul di grande presa, un po’ B.B. King anni 90.

Gli ultimi tre pezzi, “Liquor Store And Legs”, “What Real Men Do” e un gospel, “”Praise the Blues, chiudono un disco del quale si possono solo tessere le lodi.

Oltre al summenzionato Jim Pugh, ricordiamo anche Kid Andersen che oltre a produrre e registrare nei suoi Greaseland Studios, suona anche la chitarra ritmica, l’ottimo Andrew Moss al basso, Mike Rinta al trombone a rappresentare gl’innumerevoli fiatisti che danno sapore a questo disco.

D.K. Harrell non è una promessa, e’ il futuro del Blues. Il futuro è qui, smettete di aspettare, la festa è appena iniziata.

Luca Lupoli

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