Eccoci qua ancora presenti al Mojo Station Blues Festival 2014 per festeggiare il decennale della manifestazione, anche questâanno organizzata dallâAssociazione Culturale Mojo Station con la collaborazione del Festival Exotique e patrocinato dallâAssessorato alla Cultura del Comune di Roma.
Il primo dei tre giorni del festival (30 maggio) viene proposto alla Locanda Atlantide, sala storica del quartiere San Lorenzo che ha visto passare tanti famosi artisti. Il prologo della serata viene affidato ad un documentario autoprodotto dalla Ass. Cult. Mojo Station e che vede due bravissimi bluesmen nostrani come Adriano Viterbini e Roberto Luti, presentare prima un blues ciascuno e poi sentirli parlare dei loro legami, il primo con Memphis, il secondo con New Orleans, quindi di nuovo suonare, ma questa volta in coppia, lâennesimo blues.
Bello e istruttivo.
Leggendo i nomi dei partecipanti della serata balza subito allâocchio un denominatore comune, la semplicitĂ dei set presentati: chitarra e batteria come strumentazione di base. Se è vero che il primo artista della serata Hola La Poyana (allâanagrafe Raffaele Badas) era solo sul palco, ed a tenere il tempo ritmico ben scandito era il suo piede destro, che batteva su una stomp box, un poâ come faceva John Lee Hooker quando batteva la sua tavola di legno. Bella esibizione per questo artista di origine sarda, che ha riprosto sia brani del primo âLazy Music For Dry Skinsâ, un EP del 2012, che dellâultimo âTiny Collections Of Songs About Problems Relating To The Opposite Sexâ. Originale anche nel canto, ha mostrato ancora una volta la sua volontĂ di non rimanere strettamente legato alle radici del blues di Fred McDowell, ma di proporre soluzioni diverse nelle sue composizioni con aggiunte a volte alla Neil Young ed al folk in generale. Semplici nella composizione e ben cantati ha coinvolto il pubblico con brani come âThe Best Way To Liveâ, âDemons In My Lifeâ âAs Time Goes Byâ e âVicius Dogâ. Un buon inizio di serata! A seguire i bravissimi Marco Pandolfi e Federico Patarnello, questâultimo suo partner ormai storico dietro i tamburi. Quando câè lâesperienza si sente, in quanto, completamente a loro agio fin dallâinizio, i nostri eroi propongono brani sia dellâalbum appena uscito âNo Dogs In This Huntâ come âYou Gotta Findâ, âThree Shots In A Rawâ sia cover di Chicago Blues in cui la chitarra di Marco, spesso senza nessun effetto, sa creare un suono sempre presente.
Se poi vogliamo considerare la sua bravura allâarmonica, in cui si conferma di essere tra i migliori in Italia, se non il migliore, dobbiamo dire che ha saputo creare uno spettacolo nello spettacolo che soddisfa anche la parte visiva dello spettatore, con una passione e una gioia di suonare che pochi hanno. Finale di serata con Frankie Chavez, grande voce e grande tecnica alla chitarra, che proviene dal Portogallo ed ha alle spalle due dischi di pregevole fattura. Si comincia con una parte acustica con il solo Chavez sul palco a proporre âAnother Dayâ e âAirport Bluesâ. Finale molto apprezzato dal pubblico entusiasta con âFightâ, âDreams Of Rebelâ, una particolare cover di âDust My Broomâ, âNazarehâ, âWhat Ever It Takesâ, âThe Searchâ e alla fine tutti a ballare con tanto di bis pirotecnico con âI Donât Belongâ. Un buon inizio, un buon intermezzo e un buon finale di serata (anche se, a mio modesto parere Marco Pandolfi avrebbe dovuto essere il main event, ma capiamo anche le esigenze del business).
Il secondo giorno (31 maggio) comincia con Elli De Mon veneta di Schio, one girl band a tutti gli effetti con tanto di chitarra, grancassa, sonagli alla caviglia e voce possente. Concerto elettrizzante nel segno della dinamicitĂ , con riproposizione dei brani dellâultimo disco che porta il suo nome, per un bel concerto, intenso nellâesecuzione cosĂŹ come richiedono i brani che compone come âLeave This Townâ, con cui comincia il concerto, âSpellâ, âCall Meâ âDevilâ, âWalk Awayâ e alla fine anche una divagazione indiana con âRatriâ eseguita con un sitar suonato benissimo. Brava Elli. A seguire il grande Angelo âLeadbellyâ Rossi, che ha portato sul palco dellâInit tutta la sua piĂš che trentennale carriera iniziando da solo alla chitarra elettrica con, tra le altre, una bellissima âSkinny Womanâ e âLost In Mississippiâ. Successivamente accompagnato da Ruggero Solli alla batteria, Angelo ha dato inizio ad un altro concerto fatto di potenza e precisione e suonato cosĂŹ intensamente (è una sua prerogativa) da trasportarci direttamente nel Mississippi facendoci ascoltare il blues come lo si suona solo lĂŹ e come pochi sanno fare con brani come âMeet Me In The Cityâ di Junior Kimbrough. Bellissimo. A seguire lâevento principale della serata e di tutto il festival: lâattesissimo Cedric Burnside Project con il nipote del grandissimo e indimenticato R.L. Burnside alla voce, chitarra e, soprattutto, batteria e Trenton Ayers alla chitarra elettrica. Inizio acustico con il solo Burnside ad intonare due blues lunghi ma ben riusciti.
Quindi si comincia con la parte elettrica con Cedric alla batteria e Trenton, bravissimo, alla chitarra elettrica. Alternando brani dal nuovo disco âHear Me When I Sayâ come âMean Queenâ, âWash My Handsâ a cose meno recenti come âMrs. Mae Bellâ e la cover di famiglia âCome On Inâ. Il C.B.P. ha portato un poâ di quellâaria delle colline del Mississippi che sempre di piĂš oggi i fruitori di blues italiani vanno cercando ma, a mio modesto parere, non si è raggiunto il livello che altri artisti hanno mostrato qui da noi negli anni passati ma, come mi ha spiegato pochi giorni fa il Direttore Marino Grandi, Cedric sta ancora cercando la sua strada e siamo sicuri che la troverĂ . Finale di concerto con prima Marco Pandolfi allâarmonica, bravissimo, e poi in aggiunta Angelo âLeadbellyâ Rossi, che, dallâalto della sua esperienza, ha subito preso in mano le redini âPoor Black Mattieâ e âPoor Boyâ dettando i tempi per una degna conclusione di serata.
Il terzo giorno (1°giugno) del festival vede i varesini There Will Be Blood, ovvero Davide Paccioretti, Riccardo Giacomin alle chitarre e Mattia Castiglioni alla batteria che in tre anni di collaborazione hanno gia registrato in studio cinque volte tra EP e CD, che sono qui a Roma per presentare la loro musica fatta principalmente di blues ma che ricorda anche suoni alla Jack White e Black Keys, ed anche il loro ultimo CD âWithoutâ uscito lâanno passato (âIl Bluesâ n.125).
Subito un inizio alla T.W.B.B. cioè scatenato con, tra le altre, âAinât No Places, No Matterâ, âTwisterâ, âKneel To Your Slaveâ, âSouls Cartsâ, âSnoutâ e cosĂŹ via per tutto il concerto. Bravi non câè che dire, con il Davide a fare lo Screaminâ Jay Hawkins della situazione per buona parte del concerto saltando e urlando, coinvolgendo il pubblico che ha ballato fino alla fine del bis. A seguire i romani Dead Shrimp, frequentatori assidui delle manifestazioni musicali con il loro blues acustico originario del Delta. AllâInit Club per presentare il loro primo CD âDead Shrimpâ, Alessio Magliocchetti al dobro, Sergio De Felice alla voce e Gianluca Gianasso alla batteria, washboard e voce, cominciano con âChainedâ, brano ipnotico con il De felice a cantare e dettare il ritmo con una catena per tutto il tempo e gli altri a creare unâatmosfera di altri tempi, bello. A seguire âShake âEm On Downâ, âFrom 19 To 20â, ritmate al punto giusto per riscaldare lâatmosfera, âCompulsive Shagâ, âWomanâ, âDevil In My Headâ, âThe Ramblerâ, âMaryâ, tutte suonate con il cuore, la passione e la padronanza di chi vive il blues da sempre e per sempre. Si continua cosĂŹ a presentare tutto il disco per la gioia del pubblico sempre coinvolto, sino alla sorpresa finale con Reed Turchi alla chitarra solista.
Che dire se non bravi tutti e tre i nostri eroi, sia come compositori che interpreti, in un panorama musicale italiano del blues che, anche grazie anche a loro, sta riscoprendo lâarte di Blind Willie Johnson, Son House e Fred McDowell. Chi ama questa musica amerĂ anche i Dead Shrimp. Finale di serata e di festival con Reed Turchi, produttore, compositore e chitarrista della Carolina del Sud,   che ritorna a Roma solo soletto senza i suoi compagni di avventura con i quali ha registrato lâultima fatica âCanât Bury Our Pastâ ed accompagnato in questo breve tour italiano dal batterista dei Dead Shrimp, il bravissimo Gianluca Gianasso. Il concerto appare subito diverso da quello presentato da Frankie Chavez, anche loro chitarra e batteria, perchĂŠ lâamericano al contrario del portoghese, riduce i suoni al minimo, è scarno nel suono, canta il minimo sindacale e crea unâintimitĂ con il pubblico anche nei brani piĂš ritmati e, nonostante tutto riesce sempre a sorprendere lâascoltatore per la padronanza dei brani suonati, dove lâunico appoggio è quello del Gianasso che lo sostiene in maniera egregia e con lâaiuto di qualche effetto piĂš corposo negli assolo. Il concerto, peraltro lungo, si alterna tra brani del nuovo CD come âTake Me Backâ, âBrotherâs Bloodâ, âLightining Skiesâ, âBring On Fire, Bring On Rainâ, e altri meno recenti come âKeep On Drinkingâ, âDonât Let The Devil Rideâ, âShake âEmâ e cover suonate con cigar box come âI Canât Be Satisfiedâ e âKeep Your Lamp Trimmed And Burningâ. Bel concerto che ha tenuto il pubblico sempre in tensione per tutta la sua durata e fatto scoprire a chi non lo conoscesse due professionisti e appassionati di musica, bravi. In conclusione un bel festival, con set ridotti allâosso ma che hanno proposto la propria musica con energia e sinceritĂ , e non è una frase ad effetto perchĂŠ tutti si sono dimostrati onesti con il pubblico dando il massimo facendoci vivere una festa del blues che ci piacerebbe vedere piĂš di frequente qui a Roma.
Marcello Ceselli
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