I North Mississippi Allstars sono tornati. Come il caldo torrido e umido dell’estate milanese. Come il profumo dell’acacia nelle valli montane. Come la pioggia torrenziale che inonda e devasta. Come lo scioglimento dei ghiacciai.
Come tutto quello che l’umanità sta producendo nell’ultimo secolo con un gradiente di velocità in aumento, tanto da far coniare ormai il termine antropocene, come quel periodo in cui la razza umana si è messa davvero d’impegno.
Ma i North Mississippi Allstars non ci abbandonano. Mai. Anche se non sono gli stessi, come nessuna cosa rimane sempre uguale.
Lo stesso fiume non scorre due volte sulle stesse rive diceva qualcuno. Un nuovo sound per una vecchia musica. Credo che questa definizione possa calzare a pennello al nuovo disco dei NMAS.
Si perché dal 1996, data di fondazione del gruppo, i due fratelli Dickinson ne hanno fatta di strada, ed i km oltre a dare spessore alla loro espressività artistica, alla fine li hanno cambiati, volenti o nolenti, in quello che sono oggi.
North Mississippi Allstars: il nuovo album
Un tributo al disco uscito 25 anni fa, “Shake Hands With Shorty”, ma stravolto e completamente rimodulato con le esperienze accumulate in questo quarto di secolo.
Ed ecco che anche “Poor Boy” diventa qualcosa di psichedelico e ipnotico, prendendo a prestito dalla tradizione di Otha Turner e della sua fife & drum band, mescolandola con elettronica ed effetti “moderni”, per far emergere sempre e comunque quel sound arcinoto ma con un gusto diverso.
Un classicone come “John Henry” assume tonalità da marching band, pur mantenendo la parte sonora quasi in sottofondo e richiamando i “vecchi” talkin blues, con una resa inaspettata, mentre “Preachin’ Blues” si scatena come dovrebbe, e se “Stay All Night” è una preghiera d’amore, “My Mind Is Ramblin” strizza l’occhio all’eredità della famiglia Kimbrough.
“K.C. Jones (Part II)” ci riporta su un terreno acustico, raccontando una delle tante storie che popolano il Mississippi (personaggi improbabili forse come quei “Willie & Laura Mae Jones” di cui parlava il nostro amico Tony Joe White) mentre “Pray For Peace” è molto di più che un invito, e sembra ricordarci che il significato originale della preghiera è sempre stato proattivo e non arrendevole.
Luther e Cody si avvalgono di altri musicisti, in primis Rayfield “Ray Ray” Holloman e Joey Williams che entrano a far parte di quel collettivo musicale noto come gli Allstars, ma hanno anche delle special guest come Jojo Hermann, Duwayne Burnside, Robert Kimbrough, Kashiah Hunter, Trae Pierce, Grahame Lesh, Sharisse Norman, e Shontelle Norman.
Ricordo ancora con affetto e commozione gli abbracci che Luther e Cody riservavano per Marino, ovunque li incontrassimo, lui minuto e riservato, e loro caldi e accoglienti, quasi rivedessero, per qualche strana magia, il loro genitore scomparso. Non smetterò mai di ringraziarli per questo.
Sarà capitato a tutti, guardandosi allo specchio, di chiedersi perché si continua a fare quello che si fa, e ingenuamente credo che quegli abbracci dessero al babbo tutte le risposte che gli servivano.
I North Mississippi Allstars lo hanno chiarito, dopo tutti questi anni loro sono ancora scatenati e pronti a scatenarsi assieme a voi, con un album che sembra riportare indietro l’energia di un tempo per proiettarla nel futuro, e chiudono questo lavoro con un breve strumentale di rara bellezza e leggerezza, “Monomyth (Folk Hero’s Last Ride)”, dedicato all’anniversario della scomparsa del padre Jim Dickinson, quasi una ninna nanna sussurrata piano piano…
Davide Grandi
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