Diego Deadman Potron – Foto di Teo Finazzi (www.teofinazzi.com)

Nell’estate milanese piuttosto avara di concerti blues / soul abbiamo colto al volo l’occasione di risentire un alfiere pluridecorato come Robert Cray, annunciato un po’ a sorpresa, per il 22 luglio scorso alla Festa del PD di Canonica di Triuggio, in Brianza. In più  il concerto era gratuito e Cray a dispetto della sua fama di artista a volte un filo distaccato, sul piccolo palco e con il pubblico ravvicinato, si è mostrato molto più comunicativo e a suo agio rispetto ad altre volte, scherzando sulle zanzare o sui fulmini all’orizzonte.  Ha cominciato con puntualità svizzera alle 21.30, preceduto da un breve, quanto energico, set del one-man-band nostrano Diego Deadman Potron. Brillante sessantenne tra pochi giorni,  Cray attacca subito col suo vecchio hit “Phone Booth”, ancora fresca e godibile, per proseguire con “Two Steps From The End” e soprattutto “Won’t Be Coming Home” uno delle cose migliori del suo disco più recente, “Nothing But Love”, uscito lo scorso anno.

Robert Cray – Foto di Teo Finazzi (www.teofinazzi.com)

La band lo segue con grande precisione,  imperniata sul bel lavoro alle tastiere / organo del veterano Jim Pugh, oltre alla sezione ritmica formata da Les Falconer alla batteria e dal vecchio amico Richard Cousins al basso, tornato in pianta stabile  a far parte della band dal 2009.  La voce di Cray è sempre molto bella ed espressiva, lo stile alla chitarra, ne cambierà diverse nel corso del concerto, è del tutto personale, economo e  fluido. Anche il repertorio è del tutto autografo, l’unica cover della serata resterà “Sitting On Top Of The World”, in una alternanza ben calibrata di brani ritmici ,”I Shiver”, alcune morbide ballate soul (“Times Makes Two”, “I Can’t Fail”), qualche accenno funky (“Love 2009”) o gli afflati quasi caraibici di “Poor Johnny”. Bisogna riconoscere che Cray non si è risparmiato, le qualità vocali ne fanno un degno erede del suo idolo di gioventù O.V. Wright,  mentre negli assolo  riesce spesso ad essere sobriamente pungente. Fanno capolino senza sforzo anche i pezzi, ormai dei piccoli classici, che lo hanno reso celebre negli anni Ottanta, “Bad Influence” e ” Right Next Door”.  Chiude dopo un’ora e mezza applaudito a lungo dal pubblico, con la tonica “The Forecast Calls For Pain”. Ben ritrovato Mr. Cray.

 

Matteo Bossi

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