La lunga carriera di Terry Hanck si arricchisce di un nuovo lavoro che, fin dalle prime note, fa emergere la grande energia del sassofonista di Chicago, che attraversa i territori del rhythm & blues classico e del soul con la sua consueta maestria. La sua musica sa coinvolgere l’ascoltatore, sia che vengano proposti brani originali, piuttosto che cover che il nostro sa proporre con efficacia e il giusto tocco di modernità. L’apertura del dischetto è una rivisitazione jazzata di “Don’t Let the Green Grass Fool You” di Wilson Pickett, assai ben cadenzata dal tono ritmato dell’Hammond suonato da Jim Pugh: il successivo “If A Politician Was A Doctor” ha un che di satirico, coniugando il messaggio pungente con la cadenza blues che si muove tra swing e reggae. “The Best Years of My Life” vira più su un easy listening di maniera, bilanciando nostalgia e gratitudine in maniera delicata e riflessiva: la qualità dei suoi assoli appare proprio nella capacità di Hanck di adattare la profondità delle sue note al contesto del brano, come gustiamo nello slow di “Come Back Baby”. Viceversa, la scoppiettante “Goin’ Way Back Home Tonight” sembra incarnare lo spirito di Fats Domino, che appare prepotentemente nell’interpretazione della sua “Sick and Tired”, proposta con la giusta dose di spavalderia.
“Run, Run, Baby” è qui reinterpretato con sfumature jazz, nelle quali tutta la formazione sa valorizzare il suo divertente incedere pigro: di tutt’altra specie è la celebre “Going Down Slow”, registrata originariamente da James B. Oden nel 1961, che vede qui l’eccellente dialogo fra il pianoforte e la chitarra di Johnny Cat Soubrand, prima di lasciare i pregevoli assoli conclusivi al sax. La divertente cadenza narrativa di “When I Get My Shit Together” precede l’energica “Pins And Needles”, un coinvolgente rock blues, nuovamente valorizzato dal solo di Hanck. L’album presenta infine due ottimi strumentali come “Overall Junction” e il blues-reggae conclusivo di “Midnight On The Reef”, occasioni perfette per apprezzare la qualità e l’affiatamento dei musicisti, in una sorta di jam session spontanea. Con “Grease to Gravy” Terry Hanck dimostra ancora una volta il suo legame con la tradizione blues, suonato sempre con grande cuore e talento, con quella spontaneità che si fa apprezzare in ogni passaggio.
Luca Zaninello
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