Ci siamo ritrovati nel bellissimo contesto del parco archeologico di Travo, quasi in riva al fiume Trebbia, per assistere al concerto della texana Ruthie Foster. La seguiamo da tempo e ne apprezziamo le doti vocali del tutto fuori dal comune e la naturalezza nel combinare un repertorio vario e inclusivo. Accompagnata da un terzetto di musicisti efficaci e di grande compostezza, Samantha Banks e Larry Fulcher come sezione ritmica, con Hadden Sayers alla chitarra (artista che incide a suo  nome per la stessa etichetta, Blue Corn), mentre non è della partita per questo tour il suo tastierista abituale Scottie Miller, a causa di problemi di salute.

La serata inizia in odore di gospel con “Brand New Day”, canzone chiave dell’ultimo suo disco, con i suoi musicisti a farle da controcanto e prosegue in questa direzione con l’omaggio a Sister Rosetta Tharpe “Up Above My Head”. A dimostrazione di come la Tharpe resti un riferimento importante Ruthie ha partecipato, circa due mesi fa, ad  un concerto tributo tenutosi a New York in suo onore con, tra gli altri, Luther Dickinson, Valerie June, John Medeski, Alvin Hart e le Como Mamas. Passa con disinvoltura da pagine di cantautrici come Lucinda Williams (“Fruits Of My Labour”) o Patty Griffin (“When It Don’t Come Easy”) ad una versione ad alto tasso emozionale di “Grinning In Your Face”, in cui la sua voce luminosa accende a giorno la serata.

Foto di Matteo Bossi

Foto di Matteo Bossi

Scherza col pubblico, piuttosto rilassato ma attento, alternando una festosa versione di “Richland Woman Blues” (Mississippi John Hurt) ad una rilettura di un classico di Johnny Cash, “Ring Of Fire”, trasformata in una calda soul ballad. Lascia spazio a Sayers per “Back To The Blues” un tempo medio che diventa un duetto.  Tra le canzoni di cui è autrice propone “Singing The Blues” e “My Kind Of Lover”, sempre in buon equilibrio tra tradizioni affini. Ruthie non indulge in virtuosismi vocali ed anzi dimostra una padronanza, freschezza e versatilità che poche altre colleghe possono vantare. Il blues affiora con discrezione nel finale con la sua valida, ritmata “Travelling Shoes”, inserita tra una ripresa dei Black Keys, “Everlasting Light e la “This Time” dei Los Lobos. Nel bis propone invece un curioso medley reggae in omaggio a Bob Marley. Bel concerto, la Foster è artista di valore, che meriterebbe un seguito più ampio e trasversale.

Matteo Bossi

 

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